Stagione concertistica aretina 2025
Concerto di Pasqua nella Basilica di San Francesco
Il concerto dell'11 aprile u.s., presso la Basilica di San Francesco ad Arezzo, inserito nel cartellone della Stagione Concertistica Aretina 2025, è stato un evento che ha visto la partecipazione di un numeroso pubblico proveniente anche da fuori oltre ad essere occasione per lasciarsi stupire dalla bellezza artistica e spirituale del luogo.
Protagonista la musica di Franz Joseph Haydn e Ludwig van Beethoven rispettivamente con la Sinfonia n. 49 “La Passione”, Hob: I:49 e la Sinfonia n. 3, op. 55 “Eroica” interpretate dalla splendida Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius, musicista versatile dalla grande comunicazione interpretativa.Con queste premesse e come si evince dalla cronaca, si sottolinea sia l'ottima intenzione degli organizzatori per il Concerto di Pasqua - riferita all'inizio da Lorenzo Cinatti, Direttore della Fondazione Guido D'Arezzo - quanto il successo della manifestazione.
Con l' Adagio iniziale e gli altri movimenti della composizione di Haydn, colpiva sia il sottotitolo “La passione” quanto, tranne la breve parentesi di distensione e serenità nel terzo movimento (solo nel Trio ) in fa maggiore, la costante presenza della tonalità di fa minore. Uniti i due dati, l'ascoltatore poteva orientarsi sulle peculiarità del genere sacro quanto sulla tonalità ‘dolorosa', in particolare degli Stabat Mater del XVIII secolo intonati da compositori italiani come Vivaldi, Pergolesi o Boccherini. In realtà nulla di tutto ciò in quanto la Sinfonia, composta nel 1768, rientra in una silloge di lavori intrisi dello spirito dello Sturm und Drang in cui la cifra è rintracciabile nelle caratteristiche della scrittura della partitura colma di tonalità oscure, traboccanti di pathos. L'unico elemento afferente al sacro, per i non addetti ai lavori, è la parola ‘chiesa' in quanto riferita alla forma della “sonata da chiesa”, caratterizzata dall'alternatim di movimenti lenti ad altri più veloci. Colpiva l'incipit con il piano degli archi e i suoni lunghi dei 2 corni: un effetto molto particolare in quanto - dato lo spazio della grande ed unica navata e l'altezza del soffitto - la percezione a tratti risultava ancora più drammatica. Pur con certe criticità acustiche, cercando il volto del Crocifisso ligneo sopra l'altare maggiore o osservando la Cappella Bacci che ospita la Leggenda della vera Croce di Piero della Francesca, si potevano percepire visioni ancora più ricolme di emozioni. A rendere musicalmente la lamentatio era, a parte un breve raggio di luce in la bemolle maggiore, con l'intervento dei 2 oboi, l'emozionante e patetico melos iniziale dei violini. Dopo il piccolo e deciso gesto del direttore l'ascoltatore si trovava catapultato nell'Allegro di molto dal carattere risoluto all'inizio (ampi intervalli dei violini all'unisono, altrettanto contrappuntati dai 2 oboi, viole, bassi e fagotto) provocando, grazie alla scrittura sincopata e altri elementi di contrasto, una certa ‘agitazione' diversamente da situazioni evidenziate da varietà di colori (forte-piano), imitazioni, ecc. Con il Minuetto e il rifarsi al materiale tematico iniziale, si poteva intuire l'intenzione verso l'unitarietà dell'opera con diffuse correspondances tematiche in tutta la sinfonia. Si coglieva la struttura tripartita (Minuetto - Trio - Minuetto), ma si poteva ‘godere' anche della temporanea serenità della parte centrale grazie al preciso intervento dei fiati. Nel Finale: Presto, costruito monotematicamente, pur con una certa varietà nella scrittura, i ‘ritorni' melodici, i tipici caratteri della composizione (agitato, drammatico, misterioso, ecc.) restituivano lo spirito più fiero ed eroico della composizione, lo stesso ravvisabile anche nei musicisti.
L'ampliamento dell'organico orchestrale - con l'aggiunta di 2 flauti, 2 clarinetti, l'altro fagotto, il terzo corno, 2 trombe, timpani e il rinforzo degli archi – unitamente alla decisione di Angius di impugnare la bacchetta, ha dato inizio alla sinfonia beethoveniana. Ora tutto è diventato ‘eroico': in primis la tonalità d'impianto, mi bemolle maggiore, così come la presenza in partitura, per buona ed efficace resa timbrica, dei corni e trombe in mi bemolle. Sul sottotitolo “Eroica” della sinfonia (in una stampa del 1806: «Sinfonia Eroica [...] composta per festeggiare il sovvenire di un grand'Uomo»), com'è noto, si suppone una dedica iniziale a Napoleone, poi al Principe Lobkowitz. Dalla sua prima esecuzione (Theater an der Wien, 7 aprile 1805) ad oggi, per tutta una serie di motivazioni, musicisti e i musicologi continuano a studiarla oltre a far parte del repertorio di ogni direttore d'orchestra, collocandosi all'interno di una ricezione tipica di un autentico capolavoro senza tempo. Le ottime qualità musicali dell'orchestra e il valore del direttore nell'affrontare un caposaldo della storia della musica si sono unite inducendo i presenti ad una spontanea e naturale tensione psicologica che alla fine è divenuta gioia. L'attacco, con i due forti colpi a tutta orchestra dell'Allegro con brio, catalizzando l'attenzione, anticipava il primo tema esposto dai violoncelli e, all'interno della sua triadica architettura formale, dava inizio ad un processo di trasformazione e di elaborazione, ravvisando la dialettica tipica di Beethoven della forma-sonata. Nel secondo movimento (Marcia funebre. Adagio assai), mentre il direttore posava la bacchetta, quasi a predisporsi in un religioso silenzio per ascoltare ed unirsi ad un dolore più universale, gli strumenti più distanti (violini I e contrabbassi) introducevano il triste tema in do minore, ripreso a breve dall'oboe, proiettando tutti verso la radiosa sezione in do maggiore e poi lasciandosi coinvolgere in un itinerario caratterizzato da una vivida narrazione (fugato, squilli quasi minacciosi di tromba, ecc.) dell'orchestra. Il ritorno al pathos del primo tema con i due ultimi ‘sussulti' dei violoncelli e contrabbassi, dal forte, passando attraverso il decrescendo al piano, chiudeva questa lacerante pagina in cui emergeva la sentita interpretazione dei musicisti. Lo Scherzo. Allegro vivace, anche per ragioni acustiche, diventava una delicata prova per tutti: il direttore, di nuovo con la bacchetta, cercava una relazione più dinamica con i musicisti, diversamente dal pubblico cui si richiedeva un maggiore impegno per stare al passo in cui, tranne per l'ultima sezione “Alla breve”, la rapidità dell'intero movimento caratterizzato già dall'inizio (pp sempre pianissimo e staccato) dagli archi e dall'oboe dettava ferree condizioni d'ascolto. Il Finale. Allegro molto in qualche modo poteva essere immaginato come il momento trionfale dopo un lento e tormentato percorso. Forma sonata, rondò, tema con variazioni - all'interno di uno smagliante ed espressivo contrappunto, varietà armonica e ricca orchestrazione - costituivano il passepartout ideale per seguire ogni fulgido istante il cui ‘tempo allegro' della musica, quasi metamorfosi, conduceva verso una forte emozione intesa come gaudio che, in questo luogo sacro di un determinato ‘tempo liturgico', diventava ‘tempo di luce' culminante nello stupore della Pasqua.
Salvatore Dell'Atti
22/4/2025