RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Attila

di Giuseppe Verdi al Bellini di Catania

Nono titolo del catalogo operistico verdiano, il dramma lirico in tre atti Attila su libretto di Temistocle Solera venne rappresentato per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 17 marzo del 1846. La sua messa in scena non è certo frequente sia in Italia che nel resto del mondo, sia presumibilmente per il suo risultato artisticamente ineguale, sia perché il suo afflato eroico ed emotivo si condensa in schemi che possono apparire scontati, sia infine perché si presenta come un affresco storico che sicuramente non raggiunge le vette e la forza dei capolavori che verranno dopo, i quali vedranno un'ascesa continua verso un rinnovamento drammatico che il Cigno di Busseto sarebbe poi riuscito a sublimare e nobilitare anche e soprattutto da un punto di vista squisitamente musicale.

Nell'allestimento curato dal nostro teatro, andato in scena giovedì 4 dicembre 2014, il regista Vincenzo Pirrotta ha mantenuto l'azione su canoni tradizionali, ma garantendo nel contempo una scioltezza ed una fluidità a tutta l'azione che ben si adattava al tipo di drammaturgia, riuscendo anche a dare impeto e dinamicità persino ai momenti più fissi e statici. Questa magistrale forza e vivacità cinetica si è sviluppata all'interno di una scenografia affascinante e sontuosa creata con buon gusto da Salvatore Tropea, mentre le luci di Salvatore Campo fendevano e modulavano spazi e figure con buona maestria, imprimendo al tutto energiche nuances e profondi significati espressivi.

Buona la resa tecnica e gli effetti fonici dell'orchestra del nostro teatro che il maestro Sergio Alapont ha diretto con mano sicura, dando all'insieme l'amalgama e la compattezza della quale aveva bisogno onde saldarne e sigillarne l'esito complessivo, senz'altro positivo e degno di nota. Molto misurate ed equilibrate le smaglianti e luminose sonorità espresse dal coro che Gaetano Costa dimostrava di avere preparato con precisione, cura e rispetto integrale della partitura.

Il basso Carlo Colombara nella parte eponima ha sfoderato una vocalità brunita, salda, nitida, ma nello stesso tempo duttile, agile e flessibile alla tempra eroica e passionale. Dimitra Theodossiou (Odabella) nell'aria Santo di patria indefinito amor con la relativa cabaletta Da te questo or m'è concesso evidenziava sì vigorosa baldanza vocale ma poca precisione d'intonazione, qualche difficoltà nei legati e rara copertura degli acuti, che in qualche momento rendevano quanto mai aspra e stridente la sua vocalità. Tuttavia la cantante greca riusciva a recuperare molto bene nell'esecuzione della tenera romanza Liberamente or piangi, per la quale registrava vibranti e calorosi applausi a scena aperta. Il baritono Carmelo Corrado Caruso (Ezio) affrontava il suo personaggio con sicurezza e potenza anche se esibiva qualche piccola defaillance nella zona acuta dell'aria Tardo per gli anni e tremulo. Il tenore Sug Kyu Park (Foresto) pur disponendo di una salda tecnica, una dizione pulita e una veemente musicalità, non riusciva ad imprimere omogeneità alla sua interpretazione che rimaneva anch'essa non sempre precisa ed efficace.

Giovanni Pasqualino

6/12/2014

Le foto del servizio sono di Giacomo Orlando.