RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

La Cambiale di Matrimonio

alla Fenice di Venezia

Il teatro La Fenice ha da anni instaurato una collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Venezia per produrre alcuni spettacoli della stagione che in seguito andranno a far parte del repertorio del teatro e utilizzati nel corso delle stagioni successive.

In tale progetto rientrano la realizzazione delle cinque farse di Gioachino Rossini, opere che il compositore scrisse nei primi anni di carriera e furono tutte rappresentate a Venezia tra il 1810 e il 1813. Peculiarità della farsa in musica, genere popolarissimo nel '700 e primi '800, fu quello dell'atto unico, comunemente senza utilizzare il coro, tre o quattro protagonisti e un paio di ruoli minori, una trama leggera e brillante a lieto fine, presenza fissa della primadonna e del basso buffo.

La ripresa veneziana di questa fine estate è stata La Cambiale di matrimonio (1810), con la regia del grande artista Enzo Dara e già allestita al Teatro Malibran nel 2013.

Deliziosa e brillante partitura cui il regista ha dato un tocco di personalità vivace ed istrionica, caratterizzando i personaggi nella loro veste comica o sentimentale con gusto e pertinenza. Unica pecca, se così si può dire, l'aver inserito quali mimi molte maschere della commedia che a mio parere disturbavano l'azione ed erano decisamente superflui. Probabilmente anche Dara ha avuto paura nell'osare una regia più stilizzata, preferendo un riempimento della scena per creare più effetto.

Ben realizzata la scenografia fissa, di Stefano Crivellari, che ricordava un emporio di tessuti ottocentesco, con scaffalatura apribile utilizzata per le diverse uscite ed entrate dei cantanti. Sullo sfondo lo scorcio di una Venezia antica, ricordando cosi quanto la città sia stata per lungo tempo fulcro di scambi commerciali per tutta l'Europa. Ambientazione storica originale all'epoca di composizione, con costumi di gran sartoria realizzati da Federica Miani.

Uno degli aspetti rilevanti di questa ripresa è stata la direzione del giovane Lorenzo Viotti, figlio d'arte, il cui padre, Marcello, per qualche anno fu direttore stabile proprio alla Fenice prima dell'improvvisa e prematura scomparsa. Viotti possiede già le competenze che parrebbero presagire un futuro più che roseo, spero confermi questa mia prima impressione. Egli ha un senso teatrale perspicace, tenendo un ritmo vivace e ben controllato sia con l'orchestra sia con il palcoscenico. Inoltre, ha ben compreso il "gioco" teatrale rossiniano e lo esegue con cura ammirevole.

Nel cast primeggiava Omar Montanari, Tobia, uno dei migliori bassi buffi della nuova generazione e ogni occasione di riascoltarlo, tre consecutive in pochi mesi, ne confermano le doti, contraddistinte da ottima voce ben rifinita i tutti i settori, tecnica eloquente e una vivacità teatrale di gran rango.

Lo Slook di Filippo Fontana non può dirsi così rifinito, soprattutto nel registro grave e per una vocalizzazione non scioltissima, tuttavia la sua performance, sebbene iniziata sottotono, ha preso vigore nel corso della recita portando a termine una performance onorevole.

Monica Bucciarelli, Fanny, pur vantando una spiccata musicalità e zona acuta solida, non destava particolare sensazione quale primadonna brillante, avendo avuto anche l'opportunità di una grande aria (Vorrei spiegarvi il giubilo) risolta decorosamente ma anche sommariamente monotona.

Più equilibrata la prova di Francisco Brito, tenore di talento capace di usare la mezzavoce e dall'ottimo fraseggio.

Discontinue le parti di fianco, Rossella Locatelli, Clarina, avrebbe voce anche rilevante ma non bene amministrata, mentre Claudio Levantino, Norton, evidenziava una voce troppo nasale e un'inespressività teatrale.

Felice e caloroso successo al termine.

Lukas Franceschini

26/9/2015

Le foto del servizio sono di Michele Crosera.