RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Peralada

Festival del Castell 2018

Quest'anno c'era proprio l'imbarazzo della scelta – e questo pensando solo alla parte lirica del Festival, trascurando le tante altre manifestazioni. S'incominciava prestissimo con un'esecuzione del Requiem di Verdi in memoriam dell'alma mater del Festival, Carme Mateu, che ci ha lasciato poco tempo fa. Impossibile assistere a tutto, per cui sono andato alla parte finale. Le altre erano un concerto di Javier Camarena con pianoforte (ritrasmesso in diretta dalla televisione statale, miracoloso per quanto ho potuto vedere e sentire), un altro di Jonas Kaufmann con l'orchestra del Teatro Real di Madrid (pochi giorni prima l'aveva eseguito al Real stesso), a quanto pare poco omogeneo (meglio la parte tedesca di quella francese) e diretto malissimo, una versione in forma di concerto della Thais massenetiana (anche questa fatta pochi giorni prima al Real) con Domingo ed Ermonela Jaho, una versione in forma semiscenica al Chiostro di Aci e Galatea di Haendel, e un concerto di Josep Bros e Marco Evangelisti.

Di persona ho visto l'ultima versione(1731) del Rinaldo di Haendel in concerto nella nobile Chiesa del Carmen, sebbene con movimenti scenici concepiti dal protagonista, il controtenore Xavier Sabata, gloria locale. Intanto mi piace di più la prima versione. Poi Sabata è un cantante musicale ma di voce poco bella e parecchio priva di volume, con in più un'espressività un tantino esagerata. Invece Núria Rial era una magnifica Almirena, e Mary-Ellen Nessy una brillante Armida, forse con meno volume nell'ultima sua aria. Juan Sancho cantava molto bene il suo Goffredo ed era un peccato che Josep-Ramon Oliver avesse solo qualche recitativo più un'aria perchè il suo mago cristiano era davvero notevole. Note dolenti purtroppo per l'Argante di Hillary Summers. Molto interessante la direzione di Dani Espasa e corretto l'intervento dell'orchetra barocca da lui creata nel 2005, Vespres d'Arnadí.

L'unica opera con gli onori di un nuovo allestimento all'Auditorio era questa volta Il flauto magico, con l'orchestra e il coro del Liceu diretti da Josep Pons e da Conxita García. L'orchestra non suonava male ma piuttosto piatta sebbene corretta e la lettura del maestro Pons solo a momenti riusciva a dare vera vita alla partitura. La messinscena per la regìa di Oriol Broggi, un noto e – per quanto mi riguarda – notevole regista teatrale al suo primo incontro con un'opera, era forse timida, nel senso che c'erano belle idee ma risultati modesti. Anche se si è potuto costatare il suo grande stile derivato dal geniale Peter Brook e qualche proiezione faceva pensare alla versione filmica di Bergman di questa stessa opera, così come altre ricordavano gli splendidi lavori di Doré per la Commedia dantesca, tutti questi elementi non bastavano a inserirsi in un quadro unico.

I cantanti: lodi per Kathryn Lewek (di grande impatto la sua Astrifiammante), per le tre dame (Anaïs Constans, Mercedes Gancedo e Anna Alàs), un po' meno per Olga Kulchynska (una Pamina metallica e con poche mezzevoci). Adrian Eröd, un cantante modesto ma sufficiente e buon interprete, era un Papageno soddisfacente, il contrario di Andreas Bauer, un Sarastro senza gravi e corto di acuti con solo un bel centro e bella presenza. Christopher Robertson (uno Sprecher con interventi più ridotti del solito) faceva buona impressione, così come i sacerdoti e gli uomini armati di Gerard Farreras e Vicenç Esteve Madrid, ma anche il Monostatos del sempre efficace Francisco Vas. Papagena veniva correttamente interpretata da Júlia Farrés-Llongueras. Liparit Avetisyan era un Tamino di lusso nei recitativi ma troppo ingolato e scuro nelle arie. Completavano la compagnia sei bambine al posto dei tre bambini (?), non sempre intonatissime e un terzo sacerdote – l'attore Lluís Soler – che ci raccontava la storia e cui venivano attribuiti alcuni dei recitativi dell'Oratore. Qualcosa di superfluo, penso, e poi si mescolavano il catalano e il tedesco con qualche frase in castigliano per turisti in bocca di Papageno: il problema è che c'erano sopratitoli solo in catalano e castigliano, ma questo è un Festival che si vuole frequentato da un pubblico internazionale, ad esempio, da tanti francesi.

Jorge Binaghi

8/8/2018

La foto del servizio è di Toti Ferrer.