RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

Tosca al Teatro dell'Opera:

il valore della tradizione

Tosca nasce al Costanzi al sorgere del Novecento. Per questo allestirla oggi nello stesso teatro che le diede i natali, con la ricostruzione delle medesime scene e dei costumi che vide il pubblico in quell'occasione, frutto del lavoro accurato di Adolf Hohenstein, non è operazione di mera archeologia ma autentica restituzione del clima di una Roma estinta ma viva nella memoria di chi la abita e non solo. Uno spettacolo sul quale aleggia il colorismo di Roesler Franz, la minuziosa ricerca del dettaglio urbanistico e umano. Un progetto che il Teatro dell'Opera di Roma ha avviato nel 2015 e che prosegue con grande successo. Il segreto della longevità di Tosca risiede nei suoi umori viscerali, nel suo consegnarsi totalmente all'azione. Gli avvenimenti si susseguono con ritmo inarrestabile, scuotendo l'emotività dello spettatore. Da qui i pregi e i difetti di un lavoro che, se non è al vertice della produzione pucciniana, risulta indubbiamente fra i più graditi al pubblico.

Il voler risultare interessanti ad ogni costo, mediante invenzioni registiche o trasposizioni epocali non sempre condivisibili o guidate da un'idea forte, lascia il posto alla tradizione, nel senso più alto del termine. Le scene dipinte, ricostruite da Carlo Savi, tratteggiano atmosfere di sicuro effetto. Il dato filologico si anima grazie alla cura nella recitazione, al coinvolgimento profondo degli interpreti. A questo si aggiunga una veste musicale di tutto rispetto, ed il successo è assicurato. Alla soglia dei sessantanove anni Gregory Kunde si permette di debuttare nel ruolo di Cavaradossi, dimostrando una sensibilità, un coraggio e un acume non comuni. La voce è pressoché intatta, il timbro caldo e avvolgente come si conviene al ruolo, il fraseggio accattivante e gli acuti facili e pieni. Gli sta accanto la Tosca di Anna Pirozzi, dalla voce generosa e dal temperamento incandescente. Giovanni Meoni dona a Scarpia accenti malefici senza scadere mai nel triviale, mantenendo una linea di canto nobile e nitida. Roberto Abbondanza è un sagrestano collaudato, di apprezzabile verve attoriale e di buona vocalità.

Ben caratterizzato il resto della compagnia, dall'Angelotti di Luciano Leoni allo Spoletta di Didier Pieri. Paolo Arrivabeni plasma un arco narrativo di immediata comunicatività, in grado di restituire le diverse individualità con raro acume, così come di modellare sprazzi di affascinante vedutismo. Si pensi all'apertura del terzo atto, con il canto del pastorello (una brava Miriam Noce) a completare il quadro dell'alba sulla campagna romana, reso con evidenza materica. L'orchestra risponde in maniera idiomatica, mostrando una invidiabile sintonia con questa partitura. Teatro quasi pieno e applausi a scena aperta per tutti.

Riccardo Cenci

8/11/2022

La foto del servizio è del Teatro dell'Opera di Roma.