RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Ginevra

L'unica opera di Charpentier

Benchè ci siano altri titoli anteriori di Marc-Antoine Charpentier presentati in forma privata, questa Médée, scritta tardi, è considerata l'unico capolavoro lirico dell'autore presentato pubblicamente. Non si capisce perchè sia così poco eseguito, perchè certamente è lungo e le musiche di balletto, come capita con l'opera barocca francese, sono di grande importanza. È vero anche che più che ardite prodezze vocali si richiedono trasparenza nella dizione, capacità tecniche e stilistiche importanti ma non immediatamente visibili con in più un difficile equilibrio tra sentimento e ritegno. Una volta trovati però gli interpreti adatti com'è successo al Grand Théatre felicemente riaperto si è in presenza di un titolo fondamentale del repertorio che attira il pubblico e lo tiene in un pugno dall'inizio alla fine grazie anche alla messinscena di David McVicar, che questa volta non si potrà ‘accusare' di tradizionale. Il mito greco viene trasportato al mondo delle guerre del secolo scorso con Giasone capo di una delle forze armate che difendono il regno di re Creonte (l'altro è il rivale nell'amore di Creusa Oronte). Medea è qui più subdola e finalmente più assetata di sangue – il momento della ‘pazzia' che la fa diventare assassina è un punto memorabile al terzo atto – e la sua possessione da parte delle furie un grande momento teatrale. Certo, c'era Anna Caterina Antonacci per la prima volta in quest'opera ma già notissima Medea grazie alla sua versione della più celebre di Cherubini. Immensa cantante attrice, e, come ha detto qualche collega, degna di venire invitata alla Comédie Française per la sua padronanza della lingua. Quel suo timbro brunito e l'avvenenza fisica, la sua dimestichezza con il barocco, i gesti mai scomposti ma sempre intensi hanno fatto di ogni suo intervento qualcosa di unico che di rado si vede in un teatro lirico.

Se Willard White era un Creonte più interessante dal punto di vista scenico che da quello puramente vocale è stato nondimeno credibile. Bravissimo –c on qualche acuto fisso e bianco – il Giasone del tenore francese Cyril Auvity che nel suo paese va per la maggiore. Molto interessante – anche per la concezione del personaggio – Charles Rice nei panni di Oronte. Keri Fuge si è fatta notare come Creusa e anche uno dei fantasmi. Nérine (ossia la Neris di Cherubini) era la brava Alexandra Dobos-Rodríguez, mentre Cleone, una schiava e soprattutto uno sfavillante Amore, venivano affidati all'eccellente Magali Léger. In altri ruoli piccoli si esibivano con molta fortuna Mi-Young Kim (un'italiana), Alban Legos e Jérémie Schütz. Il coro del Teatro, istruito da Alan Woodbridge, era un elemento essenziale per il successo della serata e non diciamo l'insieme Cappella Mediterranea diretto dal suo fondatore, lo specialista e bravissimo Leonardo García Alarcón. Ancora una parola di ringraziamento per i bravissimi ballerini chiamati anche a movimenti ironici o grotteschi dalla coreografia di Lynne Page, molto azzeccata.

Jorge Binaghi

9/5/2019

La foto del servizio è di Magali Dougados.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Perrotta

Recita un'antica sentenza: «Padre Modesto non diventò mai Priore», intendendo con ciò che timidezza e riservatezza, se eccessive e paralizzanti bloccano e impediscono ogni realizzazione pratica ed ogni azione umana. Forse nessuna sentenza è mai stata più pertinente e adatta alla vita e all'opera di colui che fu certo uno dei musicisti più sfortunati della nostra terra e che risponde al nome di Giuseppe Perrotta. Nato a Catania, in via Garibaldi, il 19 marzo del 1843 dall'avvocato Emanuele Perrotta e da Giuseppa Musumeci, il giovane futuro compositore si dedicava alla musica per diletto (la sua formazione fu da autodidatta) e anche per passione, ma per non deludere le aspettative paterne, come tanti figli ubbidienti di quell'epoca, si dedicò agli studi giuridici, laureandosi in legge presso l'Università etnea nel 1862. Nello stesso anno convolerà a nozze con Antonina Ardizzoni Carbonaro, che gli darà due figli. Il suo carattere schivo ed il suo stato di giovane padre di famiglia gli impediranno di viaggiare, a differenza degli amici artisti e letterati suoi conterranei Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Mario Rapisardi, Francesco Paolo Frontini e soprattutto di promuovere, caldeggiare e divulgare le sue composizioni. Si recò solo una volta a Milano nel 1879, su sollecitazione di Verga e Capuana, ma nonostante le calorose accoglienze ricevute dal mondo musicale ambrosiano ritornò subito nella sua città. In seguito Perrotta rimase vedovo, cosa che presumibilmente gli provocò uno stato di profonda tristezza e depressione. Pertanto si ritirò gli ultimi anni della vita nel suo villino di Cibali con i figli e la madre, abbandonando la composizione musicale e morendo suicida nel 1910. Il musicista catanese diede vita a tre opere liriche: Bianca di Lara su libretto di Stefano Interdonato; Il trionfo dell'amore su testo originale dell'omonima fiaba in versi di Giuseppe Giacosa; Il conte Yanno su libretto di Ugo Fleres. Nessuna di queste partiture fu mai rappresentata e certamente anche in questo caso il carattere ostico, poco comunicativo ed austero del musicista avrà avuto il suo peso, assieme certo alla non eccezionale valenza artistica delle opere. Il suo grande e solerte amico Giovanni Verga lo incaricò, certo per aiutarlo e incoraggiarlo, un preludio per piccola orchestra da anteporre al dramma «Cavalleria Rusticana» che andava in scena a Milano, ma la partitura, giudicata di difficile comprensione, venne scartata. Tuttavia l'anno seguente venne riproposta all'arena Pacini di Catania, esattamente il 29 luglio del 1886, ottenendo un buon successo di pubblico e di critica, così come riporta ed evidenzia il Corriere di Catania dell'epoca. Il musicista fu anche autore di musiche da camera, pianistica e vocale.

Il periodico di cultura siciliana «Agorà» ha voluto commemorare alla fine di questo 2010 il centenario della morte del compositore etneo offrendo ai suoi lettori in allegato alla rivista n. 35 un volume biografico ed un CD di sue musiche al prezzo davvero popolare di Euro 7,50. Il libro scritto con estrema cura e perizia da Elio Miccichè si rivela quanto mai esaustivo riguardo non solo la vita e le opere del Perrotta ma anche del milieu artistico e culturale col quale interagì. Il testo si avvale anche di una illuminante prefazione di Roberto Carnevale, il quale coglie acutamente nelle creazioni del «Solitario di Cibali» ascendenze ed arditezze armoniche tipicamente wagneriane. Un ricco apparato epistolare, fotografico ed iconografico, nonché una veste tipografica elegante, rendono la pubblicazione degna di stare nella biblioteca di ogni storico della musica ed appassionato di storia patria.

Il CD contiene 6 Romanze per voce e pianoforte: «Aura», «Gentile», «Idol mio», «Abbandonata», «O fior della pensosa sera» «Cuor morto», «La luna dal rotondo volto», eseguite egregiamente dal soprano Stefania Pistone, accompagnata al pianoforte dalla brava Alessandro Toscano. I pezzi per pianoforte solo: «Ouverture per Cavalleria Rusticana», «Preludio dallo Stabat Mater di Pergolesi», «Preludio in mi bemolle maggiore da Otium», e «Barcarola n. 3 senza parole» sono eseguite con garbo e buon gusto da Mario Spinnicchia.

Giovanni Pasqualino

13/2/2011