RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Martoglio comme il faut

‘U contra al Teatro L'Istrione di Catania

Nino Martoglio è ancor oggi molto apprezzato dal pubblico, e quasi tutti i teatri catanesi non mancano mai di inserire in cartellone una commedia dell'autore della celeberrima L'aria del continente. Naturalmente quella di Martoglio è ormai una comicità abbastanza datata, o per meglio dire storicizzata in un determinato contesto popolare i cui punti di riferimento sociale in senso lato non esistono quasi più: basti pensare alla rigida morale femminile popolana, al valore pressoché assoluto della verginità, ai matrimoni combinati e così via. Dunque, è chiaro che lo spettatore che assista a uno spettacolo di Martoglio sa già di trovarsi in un ambito altro, e che dunque gli è necessario un certo lavorio di estraniazione per gustare appieno la vivacità e la verve della commedia.

Per ovviare a questo presunto inconveniente, molte compagnie ritengono utile caricare a dismisura la recitazione e il testo, infarcendolo magari di espliciti richiami alla situazione contemporanea catanese, o stiracchiare all'inverosimile le battute comiche, dando luogo a fastidiose carrettelle il cui unico scopo è continuare a strappare risate o mettere in luce le qualità attoriali del capocomico, ma che spesso ottengono solo di annoiare lo spettatore, allungare senza alcun motivo il tempo dello spettacolo… e disgustare il critico. È raro insomma assistere a un lavoro di Martoglio ben interpretato, nel rispetto del testo e della naïveté comica, che naturalmente non ha nulla a che vedere con la scarsa o assente professionalità della compagnie amatoriali; sì, perché un altro equivoco è che il teatro dialettale siciliano possa essere impunemente affidato ad attori di scarso o nullo livello, perché tanto si ride lo stesso. In effetti, invece, questo tipo di teatro ha oggi più che mai bisogno di attori professionisti, se si vuole allestire uno spettacolo degno di questo nome e non una farsa d'infimo ordine.

La lunga pratica con questo tipo di mediocri allestimenti, che spesso vengono proposti anche da teatri abbastanza blasonati, non mi aveva certo ben disposto ad assistere a ‘U contra, spettacolo di chiusura della stagione 2017-2018 del Teatro L'Istrione di Catania, in scena dall'8 al 10 giugno, ma già le note di regia di Valerio Santi, che alludevano alla necessità di non calcare troppo la mano sui testi popolari, mi avevano fatto sperare in una recitazione rispettosa del testo e soprattutto non dedita alle tipiche lungaggini delle delittuose carrettelle da teatro amatoriale. In effetti, tutta la compagnia si è mossa su una linea di recitazione che, pur naturalistica, ha evitato con cura tutte le sguaiataggini e le caricature della farsa, puntando invece su una certa dose di estraniazione dal testo, onde rendere palpabile la sensazione che si stesse recitando immergendosi in una realtà altra e ormai lontana. Ed ecco che le tipiche macchiette martogliane, gli a parte, anche le urla delle donne e gli accapigliamenti sono risultati recitati e non vissuti, in un raro equilibrio tra spontaneità e teatralità, in un rimanere sempre dentro l'ilarità senza mai scadere nella crassa comicità, destando la risata senza mai lasciarla libera come un fiume in piena.

Le popolane, interpretate da Raniela Ragonese, Rosaria Francese, Roberta Andronico e en travesti dal poliedrico Francesco Russo (ottima idea quest'ultima, che andava ad accentuare l'estraniazione di cui parlavamo prima), sono così risultate assolutamente spontanee nella loro vivacità, ma non hanno mai travalicato, così come i comprimari Salvo Scuderi, Concetto Venti e Luigi Nicotra, che hanno contribuito a ricreare quello spaccato della civita pettegola, povera e litigiosa che costuituisce il milieu della commedia.

Valerio Santi, nei panni di Don Procopiu Ballaccheri, ha confermato ancora una volta la sua versatilità di attore in sicura crescita, a suo agio sia nei ruoli drammatici (era già stato uno splendido Heisenberg in Copenaghen) che in quelli squisitamente comici: perfettamente misurato, attento alle pause, sempre più padrone della gestualità, ha centrato in pieno il personaggio del popolano un po' colto, che sa leggere e scrivere e che non crede alle fandonie messe in giro sul colera. Anzi, soprattutto nel secondo atto, ha venato di una certa tristezza la sua comicità, facendo emergere la carica dignitosa di Don Procopiu, il suo non volersi prestare all'imbroglio con l'antidoto al colera, donando quindi al personaggio una profondità psichica che lo lasciava spiccare senza parere su tutto il popolino.

Una compagnia di notevole livello, il cui punto di forza è stato, oltre alla mimica egregia, anche un'ottima dizione, che ha reso pulito il vernacolo, permettendo anche agli spettatori più giovani di comprendere senza sforzo il siciliano di Martoglio, ricco anche di termini ormai abbastanza desueti.

La regia di Valerio Santi, che ha curato anche la scenografia, si è mossa su questa linea di fondamentale rispetto del testo, riuscendo a sfruttare al massimo il palcoscenico de L'Istrione, complice anche il buon disegno luci di Sègolène Le Contellec e i simpatici costumi della Costumeria L'Istrione.

Giuliana Cutore

12/6/2018