RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Don Giovanni al Teatro Ponchielli di Cremona

Anche il Circuito dei Teatri Lombardi ha programmato l'opera Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, che noi abbiamo visto ed ascoltato a Cremona dopo il debutto al Teatro Sociale di Como.

Inutile negare che l'attenzione di questa produzione è stata riservata al regista inglese Graham Vick, grande artista, ma spesso visto dal pubblico come dissacratore della drammaturgia dell'opera. Eppure questa sua nuova regia fa riflettere e non è per nulla banale, anzi molto coerente seppur non innovativa. Chi scrive non è un progressista in fatto di regia d'opera, in genere ha una preferenza per il tradizionale non banale, ma quando incontra uno spettacolo che seppur moderno e in parte con nuove e diverse concezioni, si entusiasma. Non è stato cosi per il pubblico del Teatro Ponchielli che pareva spaurito o attonito da tanto ardire, mai un applauso dopo le arie, duetti, terzetti, fischi alla fine del primo atto, contestazioni accese al termine dell'opera tutte rivolte allo spettacolo. Vick vede Don Giovanni come un individuo senza morale, laido, cui tutto è concesso, sfidante della massima trivialità, sotto tutti gli aspetti, e sostenendo la tesi che il diavolo è ìnsito in tutti noi, in percentuali diverse, ma c'è, e quindi dopo la morte il protagonista va a sedersi in platea tra il pubblico. La vicenda è narrata come un fatto di periferia, cruda, violenta, cinica e sovente kitsch come s'addice ad una cronistoria nella quale il sesso e la trasgressione sono le componenti principali. Capisco che a molti questa idea non è piaciuta, ma in fondo cosa volevano dire Mozart e Da Ponte nel Settecento? Raccontare la storia di un donnaiolo libertino, la tela del tempo oggi ci fa sorridere, se invece attualizziamo il concetto ecco che tutto torna alla perfezione: lo stupro di Donna Anna, il container delle donne consumate e poi scartate, l'isterica Donna Elvira uscita prima di convento per recuperare l'amato. Don Giovanni trova l'estasi e l'eccitazione nel sesso anche attraverso la droga, sniffate di cocaina ovunque e per tutti ed eroina per lui nel cantare “Fin ch'an del vino”. Nella scena finale vediamo la perversione ancora più esponenziale: un “banchetto” di giovani ragazzine (rasente la pedofilia) che sfilano in una sorta di spot hard, e sul finale arriva anche un ragazzo efebico masochista che si spegne la sigaretta sul corpo. Se ci soffermiamo a fatti di cronaca recenti, non possiamo che asserire alla visione, le estremità sono la reale vita di oggi di una periferia greve, certo eccessiva ma (purtroppo?) vera e loquace, e la macchina di Vick s'imprime a perfezione con la vicenda, anche in considerazione della musica che mai è considerata secondaria. Ovvio che tale visione non accontenta tutti, ci mancherebbe, ma il fatto di aver scritturato un regista con tale carriera e fama doveva già far capire che nulla sarebbe stato tradizionale. Il pubblico, nella maggioranza, ha reagito a suo modo contestando, era nel suo dritto, ma una parte minore del teatro ha apprezzato, come il sottoscritto, soprattutto perché tutto era chiarissimo e coerente, tuttavia che questa fosse la migliore regia di Vick non lo sottoscrivo. Le scene molto efficaci di Stuart Nunn erano ben calibrate, seppur sobrie e spartane, con la concezione registica, lo stesso firmava anche degli ordinari moderni costumi. Ottime le luci di Giuseppe Di Iorio e simpaticissime le coreografie di Ron Howell.

Il pubblico ha riservato un'accoglienza trionfale al direttore e ai cantanti, col senno di poi si evince che è stata un'ennesima avversione per lo spettacolo.

Il direttore José Luis Gomez-Rios ha un braccio ancora troppo inesperto per rendere la partitura brillante e frenetica come meriterebbe. Infatti, sì è registrata una sommaria aderenza stilistica, una linea generale lenta e poca precisione nell'insieme orchestrale non sempre a tempo, talvolta incalzava il braccio ma la tecnica è ancora troppo acerba per sostenere ritmi e drammaturgia con repentini stacchi di vigore. Incomprensibile la scelta di eseguire la versione di Praga, privandoci dell'ascolto di due meravigliose arie. L'orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano è complesso di solida struttura e professionalità, le eventuali sfasature non sono loro computabili. Molto bravo il Coro del Circuito Lirico Lombardo, istruito da Antonio Greco, che ha ben figurato sia vocalmente sia scenicamente.

Alla compagnia di canto bisogna rendere atto che è stata eccezionale dal punto di vista teatrale, quello di Vick era spettacolo né comune né facile, e la loro volontà e ottima preparazione ha fatto sì che scenicamente erano tutti perfettamente calati nei rispettivi personaggi.

Positiva la prova di Gezim Mischketa, un protagonista dotato di timbro chiaro e pastoso, disinvolto nell'accento, fraseggio eloquente, peccato che le mezzevoci non fossero sempre impeccabili, ma ha soddisfatto molto. Andrea Concetti è perfettamente a conoscenza del ruolo e di ogni sfaccettatura del personaggio, i suoi recitativi erano precisissimi, mentre vocalmente si notava una certa stanchezza o appannamento essendo meno a fuoco del suo standard.

Valentina Mastrangelo, Donna Anna, ha voce interessante ed è capace di molte raffinatezze, ma l'intonazione non è precisa e i passi di agilità non sono ancora ben rodati, dimostrando una tecnica non ancora collaudata. Più convincente la Donna Elvira di Federica Lombardi, la quale ha iniziato in sordina ma ha poi raggiunto un ottimo livello canoro nel corso della rappresentazione, peccato non averla ascoltata nell'aria del secondo atto. Il giovanissimo Giovanni Sebastiano Sala è ancora troppo acerbo per un ruolo come Don Ottavio, fiati corti e voce spesso nasale, anche se il materiale vocale è molto interessante, fra qualche tempo speriamo di risentirlo dopo adeguato studio. Vivace e non petulante la Zerlina di Alessia Nadin, che si esprime con correttezza e garbo non troppo malizioso. Bravissimo e da tenere d'occhio il Masetto di Riccardo Fassi, voce rotonda e ben calibrata che contribuisce a dare vigore giovanile al personaggio. Meno positiva la prova di Mariano Buccino, sovente ingolato e con tecnica ancora precaria.

Il successo, come sopra citato, è stato trionfale per la parte musicale, fischi al calar del sipario contro lo staff artistico, considerato che non era presente alle repliche di Cremona.

Lukas Franceschini

13/11/2014