RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Vienna

Il debutto di una grande Elektra

Il nuovo allestimento di Elektra serviva, soprattutto, per vedere e ascoltare per la prima volta sul palcoscenico il grande soprano svedese Nina Stemme in una delle parti più ostiche di tutto il repertorio. In futuro sarà sicuramente più completa, sperando in una direzione di attori e una concezione della regia più adatte di queste di Uwe Eric Laufenberg, l'elemento peggiore di tutti essendo proprio il finale rovinato in forma di danza in una balera di popolo e protagonista che semplicemente sparisce alla fine guardati da Crisotemide, giustamente inorridita.

Prima c'erano state altre perle, come le ancelle mute che vengono docciate in modo vagamente nazista, o il quasi incesto tra Elettra ed Oreste. Insomma, andiamo avanti. Dal punto di vista vocale e musicale quanto ha fatto la Stemme si può qualificare come miracolo: la parte sembrava facile. Sparava degli acuti micidiali e subito dopo arrivavano eterei piani o gravi cavernosi. Speriamo che l'anno prossimo al Met, con quella regìa straordinaria di Chereau, possa svilupparsi nell'aspetto drammatico; ho qualche dubbio sulla sua capacità per diventare una belva físicamente – vocalmente lo è già stata.

Anna Larsson, anche lei al suo primo appuntamento con il grande ruolo della madre, Clitennestra, dimostrava di avere una buona voce e quando riusciva a liberarsi della sedia a rotelle era una buona attrice, pur non privandosi di risate e urli della tradizione – che a me non dànno fastidio – alquanto eccessivi: poco riuscite le grida al momento dell'uccisione.

Gutt-Brin Barkmin, ricevuta anch'essa con applausi scroscianti, non aveva però la qualità timbrica che richiede un ruolo come Crisotemide: è una voce scura, alquanto opaca in centro e grave, di acuti sicuri e metallici ma non luminosi; ‘Kinder will ich haben' non era dunque il grido di una giovane donna che vuole avere una vita ‘normale'. Anche come interprete non era particularmente interessante. Falk Struckmann ci offriva un Oreste brillantissimo nell'aspetto vocale (per fortuna ancora queste parti non lo provano), benché la figura oggi non sia l'ideale.

L'Egisto di Norbert Ernst passava inosservato, e non mi pare un complimento. Di grande rilievo le parti minori femminili da tutti i punti di vista: una menzione particolare per la quinta ancella di Ildikó Raimondi. Tra gli altri ruoli maschili il più in vista, ma gli acuti erano un po' tesi – non portiamogli rancore perchè si tratta sempre di un tenore, razza come si sa odiata da Strauss – era il giovane inserviente di Thomas Ebenstein. Il coro solo ha qualche frase alla fine (bene) e l'orchestra…. quest'orchestra ha la musica di Strauss nel sangue e nei geni. Un gruppo di persone alla fine protestava il maestro Mikko Franck: certo si trattava piuttosto di una corretta lettura e non di una vera e propria interpretazione, ma pensando che si era scampati al grande pericolo di Wälser-Möst forse bisognava mostrarsi più generosi, a meno che si trattasse appunto di amici, ammiratori di questo maestro, magari anche dei ‘patrioti'. Teatro strapieno.

Jorge Binaghi

17/4/2015

La foto del servizio è di Michael Poehn-Wiener Staatsoper.