RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Orlando Furioso

al Teatro Malibran di Venezia

Peculiare che tutta la musica strumentale di Antonio Vivaldi sia stata incisa integralmente e oggi eseguita con regolarità, a scapito della produzione operistica. Pertanto, la proposta di Orlando Furioso, dramma per musica in tre atti al Teatro Malibran per la stagione lirica de La Fenice, in coproduzione con il Festival di Martina Franca ove fu allestito la scorsa estate, assume livello di grande interesse. Orlando furioso, RV 728, su libretto di Grazio Braccioli, dall'omonimo poema di Ludovico Ariosto, ebbe la prima rappresentazione nel novembre 1727 al Teatro Sant'Angelo di Venezia. Vivaldi anni prima si era già occupato, sia come impresario sia come compositore, del personaggio di Orlando, dapprima in un clamoroso successo con la messa in scena, nel 1713 di Orlando Furioso di Giovanni Alberto Ristori, su libretto di Grazio Braccioli. Seguì un altrettanto clamoroso fiasco con il suo Orlando finto pazzo (RV 727), su libretto del medesimo Braccioli, molta della cui musica era subito confluita nella precipitosa rimessa in scena, nello stesso 1714, del testo già musicato da Ristori. Il bruciante insuccesso del «finto pazzo» e del frettoloso lavoro dedicato a rimaneggiare uno spartito altrui devono aver tormentato a lungo il compositore, Nel 1727 egli ebbe l'occasione di riprendere la vicenda del personaggio ariostesco. Secondo alcune fonti, una spinta particolare poté venirgli dalla disponibilità di Lucia Lancetti, un contralto specializzata in parti maschili, la quale, a giudicare dalla musica a lei destinata, doveva essere dotata di un temperamento drammatico assai eccezionale. Il registro di contralto risultò dominante, poiché oltre alla Lancetti, facevano parte della compagnia Annina Girò, prediletta dall'autore, e Maria Caterina Negri, tutte e tre pare non particolarmente belle. Negli altri ruoli: i contraltisti Casimiro Pignotti e Giovanni Andrea Tassi, Benedetta Sorosina, soprano, e il basso Gaetano Pinetti.

Alcuni musicologi sostengono, contrariamente ad altre versioni, che il pieno successo che ha accolto l'opera è documentato senza ombra di dubbio dal fatto che una decina di arie sono state riprese dal Prete Rosso nell'opera Atenaide andata in scena a Firenze due anni dopo. Tuttavia, anche se fu un successo, a parte forse una ripresa a Bergamo nel 1738, l'opera cadde in oblio, come quasi tutte le consorelle dell'epoca barocca, fino alla trionfale ripresa moderna al Teatro Filarmonico di Verona nel 1978 con protagonista Marilyn Horne e Claudio Scimone sul podio, eseguita poi in America e Francia, aprendo così la via al suo successivo rientro nel repertorio dei teatri lirici internazionali e segnando la rinascita in epoca moderna di un interesse a livello mondiale per le opere di Antonio Vivaldi.

Lo spettacolo riadattato per il Teatro Malibran era di Fabio Ceresa, con le scene di Massimo Checchetto e i costumi di Giuseppe Paella. Purtroppo il regista è intervenuto con una rilevante sforbiciata dello spartito, circa cinquanta minuti, poiché era troppo lungo. È incomprensibile tale autorità e soprattutto perché tagliare una sola nota in un'opera di Wagner sia lesa maestà mentre per altri autori è prassi compiaciuta e comune.

Tuttavia la produzione ha avuto una tinta tipicamente settecentesca nel parafrasare l'eccesso dell'epoca in cui fu rappresentata l'opera. In questa idea funzionavano solo gli splendidi costumi di Paella, sfolgoranti e coloratissimi che fornivano una dimensione di spettacolarità alla vicenda. Meno funzionali le scene di Checchetto, troppo soffocate al chiuso, e idealmente ispirate a una vaga moda roccocò, la conchiglia girevole che funge da regno d'Alcina, la luna sulla quale si arrampica Orlando per ritrovar la ragione. Ancor meno funzionale la regia che si limitava a voler meravigliare senza trovare una lettura drammaturgica più consona all'opera seria. Nell'insieme la visione lasciava un po' d'amaro poiché la tediosità era invadente. Molto bravi i danzatori della Fattoria Vittadini impegnati nelle pertinenti coreografie di Riccardo Oliver.

Principale artefice della parte musicale era il direttore e concertatore, anche maestro al cembalo, Diego Fasolis, qui “orfano” dei suoi Barocchisti, ma non meno efficace nel realizzare una lettura di rilevante tinta orchestrale, con i membri dell'Orchestra della Fenice, molto funzionale nello stile, ricercata nei colori e di grande impulso nel ritmo. Preciso e puntuale il Coro diretto da Ulisse Trabacchin.

Sonia Prina, il protagonista Orlando, è stata molto sommaria poiché il registro acuto è ridimensionato e la zona centrale non più rifinita come un tempo. Lo stile è anche appropriato ma mancano i caratteri della vera primadonna. L'Alcina di Lucia Cirillo è in difficoltà in un ruolo di contralto puro, il registro grave è quasi assente e la zona acuta limitata, resta comunque la prova della brava attrice. La migliore, tra le voci femminili, era Francesca Aspromonte, un'Angelica rifinita e capace di canto limpido e piacevole, con fraseggio variegato e un'espressione di altro profilo. Efficace la prova di Loriana Castellano, un Bradamante rigoroso anche se talvolta troppo appassionato nell'enfasi teatrale.

I due controtenori erano Carlo Vistoli, Ruggiero, e Raffaele Pe, Medoro: il primo ci ha deliziato con una prova vocale molto ragguardevole, precisa e ricercata nel gusto, nella forma stilistica e soprattutto nella disinvolta esecuzione delle agilità; il secondo più contenuto nella parte stilistica ma egregiamente espresso in termini vocali. Riccardo Novaro, Astolfo, è un preciso cantante che riesce a superare con lode i punti critici di una coloratura impervia. Una menzione speciale merita il continuo formato, oltre a Fasolis, da Andrea Marchiol, Alessandro Zanardi e Gianluca Geremia.

Teatro molto affollato, come raramente capita al Malibran, e successo incondizionato per tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

26/4/2018

Le foto del servizio sono di Michele Crosera.