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La nuova vita de L'Idalma

ad Innsbruck

Una vetusta dimora aristocratica restituisce a poco a poco i propri antichi abitanti, scolorati come fantasmi di un'era trascorsa che letteralmente rinasce, con barocco artificio, di fronte ai nostri occhi stupiti. Il passato convive con il presente, rappresentato da un architetto incaricato di ripensare i decrepiti ambienti e da due maldestri operai i quali, con i loro gustosi siparietti, animano la messa in scena. Questa l'idea della regista Alessandra Premoli per presentare al pubblico odierno L'Idalma, overo Chi la dura la vince, commedia per musica in tre atti di Bernardo Pasquini alla sua prima esecuzione moderna. L'opera apparve per la prima volta al Teatro Capranica di Roma nel 1680, per poi sparire negli oscuri meandri del tempo. Merito di Alessandro De Marchi averla restituita a nuovo splendore, in occasione delle Innsbrucker Festwochen der Alten Musik. Figura di spicco all'epoca quanto oggi obliata quella di Pasquini, insegnante ricercato e prolifico compositore di numerosi lavori teatrali. Nel personaggio dell'impenitente libertino Lindoro, L'Idalma può far pensare all'Empio punito di Melani, non a caso presentato lo scorso anno sempre nell'ambito festivaliero di Innsbruck. I vapori sulfurei del mozartiano Don Giovanni sono però ancora lontani. L'Idalma, costantemente in bilico fra il buffo e il drammatico, fra il serio e il faceto, accoglie tutta la shakespeariana complessità dell'opera seicentesca, con i suoi repentini mutamenti di tono.

La vicenda, interamente basata su equivoci e fraintendimenti relativi al sentimento d'amore, ha al proprio centro Idalma, eroina la cui costanza è messa a dura prova dai tradimenti del già citato Lindoro. La regia appare funzionale allo spazio destinato all'allestimento. Inagibile il Landestheater per restauri, l'opera è stata infatti presentata nella sala grande della Haus der Musik. La scenografa Nathalie Deana fa di necessità virtù, rinunciando a qualsiasi complicato macchinismo e costruendo una scena unica, sorta di cantiere aperto nel quale passato e presente si incontrano trovandosi in perfetto equilibrio. La regia della Premoli è spigliata, attenta alla caratterizzazione psicologica dei personaggi e percorsa da una sottile ironia. Sontuosi i costumi di Anna Missaglia, a testimoniare come il moderno non debba per forza di cose escludere il bello. De Marchi fa un grande lavoro sull'unica fonte esistente, un manoscritto conservato a Parigi, arricchendo con gusto il basso continuo, curando le combinazioni timbriche e inserendo chitarre là dove il carattere della musica lo consente, in particolare quando questa assume movenze di stampo popolaresco. Ne risulta un affresco affascinante e rigoglioso, che stimola il desiderio di richiamare dall'oblio la produzione operistica di questo grande autore. Nella concertazione di De Marchi si percepisce tutto l'amore dedicato allo studio e alla cura della partitura, il piacere di eseguire musica desueta che traspare anche dalla brillante esecuzione della Innsbrucker Festowochenorchester.

Buono nel complesso il cast, nel quale spicca Arianna Venditelli nel ruolo protagonista. La sua è un'Idalma di toccante patetismo e scultorea perseveranza. Ben affiatata la coppia formata da Lindoro, un Rupert Charlesworth protervo e lascivo come si conviene, e dal suo servitore Pantano, uno spigliato Rocco Cavalluzzi. Spassoso e ben cantato l'Almiro di Morgan Pearse, come altrettanto valida appare Margherita Maria Sala nel ruolo di Irene. Eccellente Anita Rosati (Dorillo) per la dizione perfetta e la nitidezza della linea di canto. Infine Juan Sancho nel ruolo di Celindo fraseggia con eleganza e stile. Spettacolo integrale e senza tagli, come si conviene per una prima esecuzione di tale pregio. Le Innsbrucker Festwochen der Alten Musik si confermano punto di riferimento imprescindibile per la musica antica, scrigno inesauribile di nuove scoperte.

Riccardo Cenci

29/8/2021

La foto del servizio è di Birgit Gufler.