RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Al San Carlo

tutta l'alienazione di Tristan

In Mein Leben, Richard Wagner definisce la musica del Tristan und Isolde come “la più insolita e ardita che mai avessi scritto”. La peculiarità della forma musicale, vera chiave della modernità e prefigurazione dei suoi futuri sviluppi, si rispecchia nell'elusione di qualsiasi forma consueta; perché il Tristan non rientra nella categoria del dramma, né tanto meno dell'opera in senso stretto, già da tempo eclissata dalle smisurate ambizioni del compositore tedesco. L'epos si stempera in un'azione che rinuncia a qualsiasi orpello per farsi totalmente interiore.

Di tale monumento della musica di ogni tempo è particolarmente arduo fornire resa soddisfacente. Ci ha provato il San Carlo di Napoli, programmando il Tristan quale ultimo titolo della stagione 21/22. Esecuzione tormentata, visto che un'improvvisa bronchite ha costretto Nina Stemme, scritturata nel ruolo di Isolde, a rinunciare alle prime recite del capolavoro wagneriano. Lodevole l'impegno del Teatro, che è riuscito a garantire due più che degne alternative. Sembra che la Nylund, che l'ha sostituita in occasione della prima, abbia fatto molto bene. Per la seconda recita è stata la volta di Catherine Foster la quale, coinvolta con un preavviso minimo, ha fatto un'ottima figura. La voce è rotonda, salda e sicura in tutti i registri, svettante negli acuti. La recitazione un poco schematica e vagamente démodé rientra, immaginiamo, nella situazione emergenziale. Le sta accanto il Tristan apprezzabile ma non impeccabile di Stuart Skelton. Nel secondo atto si disimpegna senza cadute, anche se il fraseggio è a tratti oscillante e impreciso, in particolare nel canto estatico di “O sink hernieder, Nacht der Liebe”, che segue le impetuose esternazioni passionali degli amanti. Skelton cresce nel terzo atto, offrendo una interpretazione robusta e toccante, anche se non esente da alcune fissità in zona acuta. Peccato che l'impostazione registica lo trasformi in una sorta di alienato agitato da turbe infantili, lontano dall'aura eroica che gli appartiene. Brian Mulligan ha timbro un poco arido, ma il suo Kurwenald è comunque efficace per temperamento e aderenza al personaggio. Okka von der Damerau è una Brangäne di ottima caratura vocale e interpretativa, degna controparte della protagonista. René Pape riesce a veicolare tutta la delusione di Re Marke per il tradimento subito, mantenendo una linea e un fraseggio di grande nobiltà. Buone le parti di contorno.

Riguardo la direzione, nel primo atto Constantin Trinks sembra più attento a mantenere gli equilibri fra orchestra e palcoscenico, che non a imporre una propria cifra interpretativa; scelta dettata certo dal forzato avvicendarsi di due diverse protagoniste nelle prime recite. Ne risulta una lettura di grande equilibrio, ma un poco carente in termini di pathos. Il meglio viene nel terzo atto, modellato con grande intensità emotiva, grazie anche al fondamentale apporto dell'orchestra ai suoi massimi livelli. Lo spettacolo è quello di Luis Pasqual, che nel lontano 2004 si aggiudicò il premio Abbiati per le scene di Ezio Frigerio ed i costumi di Franca Squarciapino, ripreso oggi da Caroline Lang. Onnipresente, l'elemento acquatico domina la scena. Primo atto con la consueta prora a solcare un mare tempestoso e un cielo plumbeo, simbolo dei turbamenti emotivi che agitano i protagonisti. Secondo atto che richiama vagamente la pittura di Böcklin e del simbolismo europeo ottocentesco, con grandi cipressi e tronchi antropomorfi a incorniciare un misterioso paesaggio marino. Con il terzo atto precipitiamo nella modernità; Tristan è internato in un ospedale e seguito da un gruppo di medici e infermieri che ne osservano le pericolose derive mentali. Pur nell'indubbia suggestione dell'impianto scenico, la regia piuttosto generica e non particolarmente curata nella gestualità attenua il fascino emotivo dell'azione. Successo comunque caloroso da parte del pubblico.

Riccardo Cenci

3/11/2022

La foto del servizio è di Luciano Romano.