RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Manon Lescaut

al Teatro Filarmonico di Verona

La Stagione Lirica al Teatro Filarmonico della Fondazione Arena propone come terzo titolo Manon Lescaut di Giacomo Puccini nell'allestimento ideato da Graham Vick nel 2010, una coproduzione con il Teatro La Fenice. Spettacolo tra i più originali e drammaturgicamente innovativi del quale, anche se non suscitò agli esordi acclamazioni da parte del pubblico, le successive riprese hanno confermato un successo e uno stile di racconto peculiare che ha convinto tutti.

Le tristi vicende di Manon Lescaut sono state raccontate da Vick come una storia decadente, una giovinezza vissuta senza ideali e principi, che finirà nel vicolo cieco del baratro sociale e umano. Infatti, Manon è catapultata nel mondo degli adulti ancora troppo inesperta e acerba, e le tentazioni della bella vita e del mondo sotterraneo sporco e cattivo sono trappole troppo difficili da evitare. L'opera inizia in una classe scolastica ove si vorrebbe tenere una “lezione morale” sulla vita. Qui l'incontro con il giovane ed entusiasta Des Grieux potrebbe far pensare a un giovanile amore ricco di passione ma il lato cinico di Geronte, ricco uomo politico solito avere tutto quello che vuole attraverso il denaro, distrugge tutto il “buono” che c'è in Manon. Il passaggio a una vita più agiata, con il compromesso di essere la mantenuta dell'uomo anziano, è breve e infila la protagonista in un tunnel dal quale è impossibile uscire. Un rigurgito della precedente illusione, con l'arrivo improvviso del giovane, non fa che degenerare la vicenda, lei è arrestata e deportata nel nuovo mondo per volere di Geronte che si sente raggirato. La vita dei due giovani sprofonda nel mondo agghiacciante, il sottobosco della società, putrido e schifoso. Il finale è ancora più desolante, Manon muore sola e perduta sulla strada tentando di raggiungere una meta d'ideale che non può più essere perché compromessa. In questa lettura, truce ma altrettanto reale, sono i dettagli che idealizzano uno spettacolo molto emotivo. Il palazzo nobile del II atto è un teatrino settecentesco, il gioco erotico di Geronte al quale partecipano lussuriosi guardoni, politici e prelati. Il parrucchiere diventa un tatuatore, il maestro di ballo un fotografo. Manon è appesa a un'altalena, simbolo dei giochi erotici infantili. Questo mondo rispecchia l'attualità, ove non mancano la droga e la lussuria, memorabile il finale: mentre Manon tenta di scappare indossando una pelliccia, questa le è strappata da Geronte e posta sulle spalle della nuova giovane mantenuta.

Il terzo atto dovrebbe riprodurre una tolda di nave, credo che siano stati eliminati alcuni segmenti, sulla quale le ragazze-prostitute sono appese come merce, in gabbie metalliche a forma di crinoline, prima di essere caricate. È uno dei momenti più forti dell'opera, attorno tutti gli studenti apprendono dal vivo la lezione morale, la quale avrà conclusione in un luogo desolato e vuoto, una sorta di discarica, epilogo con morte della protagonista. Il tema dell'illusione giovanile lascerà il posto alla distruzione, la quale è inesorabile ma anche agevolata dal comportamento di Manon.

Di forte impatto e molto macchinosa la scenografia di Andrew Hays, belli e cromatici i costumi di Kimm Kovac e perfettamente funzionali le luci di Giuseppe Iorio.

Il direttore Francesco Ivan Ciampa si adopera in una lettura molto accattivante, precisa, ricca di sfumature e intenzioni narrative di rilevante teatralità. Questo a discapito di una coppia di protagonisti mediocre ma l'apporto dell'Orchestra dell'Arena di Verona è stato encomiabile, come il Coro, diretto da Vito Lombardi, che s'impegna positivamente anche in una non facile recitazione.

Protagonista era Amarilli Nizza, che era già indisposta alla prima recita. Nella serata cui abbiamo assistito, è ipotizzabile che le condizioni di salute non fossero risolte, poiché il soprano era quasi irriconoscibile per un canto forzato, poco rifinito e con accenti manierati. Tuttavia il giudizio è incompleto e sospeso a una prossima occasione. Note dolenti anche per il Des Grieux di Gaston Rivero, un tenore che ha una sola freccia nel carniere: lo squillo. Fraseggio, accenti e colori davvero poveri e un centro sovente afono. Il duetto del II atto era per molti aspetti noioso per non dire sommario.

Brillano le prestazioni di Giorgio Caoduro, un valido e irreprensibile Lescaut, e di Romano Dal Zovo, un Geronte giovanile ma viscido e sprezzante cui si somma una linea di canto precisa e di eccelsa musicalità. Molto bravi anche Alessia Nadin, un musico, il musicale e raffinato Edmondo di Andrea Giovannini, e il solido professionista Bruno Lazzaretti nel doppio ruolo di Lampionaio e Maestro di ballo. Completavo la locandina i precisi Giovanni Bellavia (oste e sergente) e Alessandro Busi (comandante).

Buon successo al termine.

Lukas Franceschini

19/3/2018

Le foto del servizio sono di Ennevi-Arena di Verona.