RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Cagliari

Un ritorno dovuto è un ritorno meritato?

 

Come di solito il Teatro Lirico di Cagliari presenta per inaugurare la nuova stagione un titolo nuovo oppure poco o niente frequentato, e quest'anno si può dire che è stato tutto insieme perchè si tratta di un'opera che aveva incominciato subito una bella carriera negli anni trenta dello scorso secolo per sparire solo una decade dopo. Ben certo che tutto ciò è legato alla personalità del geniale direttore d'orchestra Gino Marinuzzi, qui anche in veste di autore. C'era attesa per avere finalmente un contatto diretto con un titolo innalzato alle stelle alla prima... e non solo. Ho visto due recite con entrambe le compagnie di canto.

Il libretto di Giovacchino Forzano è da considerarsi come un importante elemento negativo: altisonante, con una retorica propria dell'epoca che fa buoni gli eccessi dannunziani, e per di più senz'alcuno spessore drammatico. La musica di Marinuzzi risulta interessante, nel senso che è ben scritta e dimostra di conoscere il linguaggio del suo tempo, ma non che abbia un linguaggio personale. Peggio ancora, il meglio veniva dai momenti puramente orchestrali. Certamente le grandi voci che ebbe la fortuna di avere per la prima e le ulteriori riprese erano ben presenti al momento di scrivere i tre ruoli principali: il condottiero protagonista (baritono), suo figlio (Signorello, tenore) e la figlia del nemico Montelabro, unica presenza femminile (Anna Bianca, soprano). Già i nomi risultano oggi ridicoli. Difficile o addirittura impossibile pretendere di trovare oggi mostri vocali come quelli di allora, anche se i cantanti ce la mettevano davvero tutta e con risultati parecchio attendibili, in particolare Leonardo Caimi (Signorello), la cui voce pare andare verso ruoli da spinto, e Francesca Tiburzi (Anna Bianca), un soprano di mezzi alquanto apprezzabili. Protagonista in questo primo cast era Elia Fabbian, con voce più fresca ma adoperata in forma monotona e in ogni caso meno interessante che quella di Angelo Veccia nel secondo. Lorenzo DeCaro ha dalla sua una voce da tenore enorme, ma troppo ingolata e quindi con delle difficoltà di proiezione, sebbene abbia avuto qualche momento buono. Non era questo il caso della stridula Anna Rosa di Astrik Khanamiryan. Sicuramente l'interprete originale, Gilda dalla Rizza, aveva un fascino artistico che poteva far dimenticare la sua discutibile personalità vocale. C'era poi una serie di comprimari molto validi, tra i quali vanno sotottolineate le prestazioni di Francesco Verna e Andrea Vincenzo Bonsignore (il Montelabro, baritono), Cristian Saitta e Luca Dall'Amico che si alternavano nei panni del vescovo e Niccolò, uno dei generali di Palla (bassi). La messinscena seguiva i tipici manierismi del regista Giorgio Barberio Corsetti con delle camere che riuscivano ad ottenere l'effetto di scene diverse su uno schermo in alto del palcoscenico, che incuriosisce all'inizio ma finisce per stancare. Eccellente la direzione musicale del maestro Giuseppe Grazioli, grande conoscitore e paladino di questo titolo; sotto la sua bacchetta molto brava l'orchestra del Teatro (in alcuni momenti non sinfonici un po' forte) e molto corretto il coro, istruito come sempre da Donato Sivo.

Jorge Binaghi

3/3/2020

La foto del servizio è di Priamo Tolu.