RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Le nozze di Figaro

al Teatro Filarmonico di Verona

Il Teatro Filarmonico di Verona ha un rapporto speciale con Wolfgang Amadeus Mozart. Infatti, il giovane compositore nel viaggio in Italia del 1771, accompagnato dal padre, fece tappa a Verona, inevitabile percorso scendendo da Salisburgo. Nella città attraversata dall'Adige, suonò in quella sala che oggi è denominata "Maffeiana" in onore del concittadino Scipione Maffei, una targa lo ricorda, e il tutto è originale poiché è l'unica parte del teatro che non fu devastata dai bombardamenti del 1945. Anche le opere di Mozart ebbero una rilevante frequenza a Verona nel '700, anche se Le Nozze di Figaro, forse l'opera più conosciuta, fu eseguita solo dopo Don Giovanni, Così fan tutte e Bastiano e Bastiana. Dopo la ricostruzione (1976) si contano tre edizioni de Le Nozze di Figaro, per arrivare alla stagione odierna, che propone l'allestimento che Mario Martone ideò per il Teatro San Carlo di Napoli nel 2006.

Spettacolo ancora validissimo, fresco, ritmato e contraddistinto da una superlativa recitazione. L'azione, una volta tanto e per fortuna, è collocata nell'epoca originale, i costumi di Ursula Patzak sono magnifici e di elegantissimo taglio sartoriale, la scena fissa di Sergio Tramonti, raffigurante una terrazza con ai lati due grandi scaloni, al centro un tavolo e ai lati due porte d'uscita, ben si adopera per una regia basata soprattutto sulla recitazione calligrafica e non su grandi stereotipi d'immagine. La lettura seppur tradizionale coglie alla perfezione tutte le sottigliezze di un brillante libretto, accenna anche a situazioni ambigue, ma senza dare altri significati, sarà lo spettatore a cogliere o meno tutte le sfumature del caso. Unico neo è di spostare spesso la scena su una passerella che circonda la buca dell'orchestra e utilizzare troppo la platea. Inoltre la passerella, seppur funzionale, avrebbe dovuto suggerire un alzamento dell'orchestra, che era troppo soffocata a scapito, sovente, di un ascolto sordo.

Sul podio c'era il giovane direttore Sesto Quatrini, il quale debuttava nel titolo. Nel complesso la sua concertazione è stata convincente, precisa nelle dinamiche, abbastanza sostenuta nella drammaturgia e molto equilibrata nel rapporto tra orchestra e voci soliste. Tuttavia avremmo preferito qualche ritmo più incalzante e frenetico, in particolare nei finali atto II e III, ma considerando la giovane età e il primo approccio del musicista è auspicabile che in future occasioni non mancherà d'interessanti calibrazioni, e per dovere di cronaca è giusto rilevare che l'opera è stata realizzata senza nessun taglio, e questo gli fa sicuramente onore. L'orchestra dell'Arena di Verona sfoderava una sonorità luminosa ma non eccessiva, distinguendosi per l'espressiva stilizzazione, Una complessiva buona resa. Anche il Coro, diretto da Vito Lombardi, forniva un solido e professionale contributo.

Nell'insieme il cast era ben assortito, anche se con qualche distinguo. Il Figaro di Gabriele Sagona si collocava nel solco della routine, poiché il cantante non possiede la vivacità e spirito interpretativo del ruolo, risultando monotono e per nulla istrionico, anche se a livello vocale non si sono registrate pecche e il recitativo era ben misurato. Ekaterina Bakanova era una spigliatissima Susanna, con voce ben amministrata, linea di canto preziosa e briosa in scena. Nell'insieme buona anche la prova di Francesca Sassu, contessa d'Almaviva, la quale tuttavia dovrebbe risolvere la carenza d'intonazione, poiché il materiale vocale è molto interessante e la linea di canto ragguardevole. Il migliore tra i soliti era Christian Senn, un Conte di altissima fattura sia scenica, credibile ed elegante, sia vocale poiché capace di utilizzare lo strumento con solida tecnica, forbito fraseggio e sapiente accento. Un personaggio perfetto in ogni sua caratteristica.

Discreta la prova di Aya Wakizono, un Cherubino molto giocherellone ma musicale anche se la voce è troppo chiara, più soprano che mezzo. La classe e la recitazione scenica contraddistinguono il Dottor Bartolo di Bruno Praticò, i cui mezzi risentono di una lunga e luminosa carriera. Brava nella caratterizzazione Francesca Paola Geretto, Marcellina, la quale conferma le difficoltà dell'aria al IV atto, bravissimo Bruno Lazzaretti, un Basilio simpatico e molto teatrale. In evidenza la giovane Lara Lagni, che esegue la mirabile aria "L'ho perduta, me meschinità" con valide qualità. Completavano il cast i bravissimi Paolo Antognetti, un Don Curzio raffinato, e Dario Giorgielé, il giardiniere Antonio propenso alla bottiglia.

Teatro affollato in ogni ordine di posto, con una folta presenza di pubblico giovanissimo, al termine un successo, caloroso e meritato, a tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

10/4/2018

Le foto del servizio sono di Ennevi-Fondazione Arena di Verona.