RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Elektra a Vienna

Vedo per la terza volta l'Elektra straussiana con stesso allestimento e maestro dell'ultima, e anche quasi tutti i comprimari, ma cambiano i principali e qualche secondario. Sulla regia non sprecherò tempo mio e altrui e ripeterò le parole già scritte qui stesso: “...sperando in una direzione di attori e una concezione della regia più adatte di queste di Uwe Eric Laufenberg, l'elemento peggiore di tutti essendo proprio il finale rovinato in forma di danza in una balera di popolo e protagonista che semplicemente sparisce alla fine guardati da Crisotemide, giustamente inorridita.” Ma anche se non c'è l'inarrivabile Stemme, Lise Davidsen, la cui prestazione mi era sembrata proprio sbagliata e debole nella Salome poco tempo fa nella stessa sala, esce a testa alta da un confronto tanto inutile e scemo quanto inevitabile, perchè in questo ruolo massacrante qualche nota acuta fuori controllo o con un grave poco rotondo si capiscono perfettamente e vanno ignorate. Per di più si lancia nel personaggio con tutta la furia di una forza della natura scatenata.

Brillavano anche lo straordinario Oreste dalla voce calda, bellissima e omogenea di René Pape, applaudito a più non posso, così come anche la tradizionale – per me giustissima, perchè vuol dire con voce, passione e una follia assolutamente furente – di Iris Vermillion, che debuttava la parte, una buona Crisotemide di Anna Gabler – qualche volta coperta in modo immisericordiosi dall'orchestra... fra parentesi non so come faccia l'Opera di Vienna a trovare tante interpreti di questo difficile personaggio, magari non geniali ma assai competenti – e l'interessantissimo Egisto di Wolfgang Ablinger-Sperrhacke (anch'esso nuovo alla parte in questo Teatro) e, sempre ricordando che alcuni dei ruoli episodici venivano distribuiti diversamente, torno a ripetermi: “Le parti di fianco femminili, tutte molto buone, in particolare la quinta schiava di Ildikó Raimondi. Tra gli altri personaggi maschili nessuno spiccava aldilà di una generica correttezza”. Anche per quanto riguarda direzione musicale vale lo stesso: “L'orchestra si trovava in grande forma; un po' meno la direzione, a momenti un po' rozza, di Michael Boder, che, nondimeno, si trova più a suo agio nel repertorio del secolo scorso o dell'attuale che non in altri.”

Questa volta, a parte i momenti di dinamiche eccessive, sempre prevedibili in questo titolo, Boder sembrava in miglior forma ma non da giustificare il ricevimento come se si trattasse di un fuoriclasse.

Jorge Binaghi

31/10/2018

La foto del servizio è di Michael Pöhn.