RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Martina Franca

Un titolo infrequente di Porpora

Non è che si senta molto L'Angelica di Nicola Porpora (più che opera serenata), che si presentava in forma scenica di non troppo interesse (per la regia di Gianluca Falaschi) perchè cercando la variatio metteva in rilievo, malgrado la ripetizione monotona di gesti risaputi e l'agitazione perpetua dei personaggi che in molti momenti non dovevano trovarsi sul palcoscenico, che per quanto si trattasse di un libretto di Pietro Metastasio (giovane sì, ma già Metastasio)l'origine era un'esecuzione alla corte in omaggio all'imperatrice di turno. Una troupe di figuranti che non aveva niente a che vedere con la trama aggiungeva un po' di sale e pepe in linea di massima formando coppie tradizionali e alcune più moderne (eterosessuale, omosessuale, rapporti a tre…).

L'orchestra era la stessa formazione della serata precedente, e cioè La Lira di Orfeo, che sembrava più concentrata (anche se il caldo era sempre insopportabile). La direzione questa volta veniva affidata alla bacchetta specializzata di Federico Maria Sardelli, che risultava pari alla sua fama benchè l'avessi trovato migliore in titoli certamente più interessanti al Benelux.

Il testo questa volta è basato sul noto episodio della pazzia di Orlando nel Furioso dell'Ariosto, provocata dal rifiuto del suo amore da parte della bella principessa Angelica che preferisce l'esotico nemico Medoro. La musica è bella e l'opera decisamente meno lunga della Griselda di Scarlatti (una sola pausa)ma anche qui le situazioni ripetute non giovano alla scorrevolezza dell'azione.

Tra gli interpreti spiccava l'Angelica di Ekaterina Bakanova, notevole soprano che comunque non penso abbia il barocco come primo repertorio, ma senz'altro era ineccepibile nello stile e il timbro è bello. Il paladino veniva interpretato da Teresa Iervolino, il nome più noto in Italia, soprattutto nei ruoli rossiniani: il timbro è personale e di vero mezzosoprano ma in quest'occasione l'emissione era discontinua e le agilità approssimative. Il vecchio pastore Titiro del basso Sergio Foresti, e avevo un bel ricordo di altre serate, risultava imbarazzante: ancora c'è il colore, ma poco di più. Volti meno noti o giovanissimi (davvero) erano le altre voci femminili (avere solo due arie e qualche recitativo di un basso davanti a uno stuolo di soprani e mezzosoprani non aiuta certo a evitare lo sbadiglio): la pastora Licori (Gaia Petrone, forse la più matura come interprete), il pastore Tirsi (Barbara Massaro) e Paola Valentina Molinari (Medoro, che ha forse l'aria più bella), corrette ma (a parte il caso di Petrone)sbiadite, senz'alcuna personalità benchè recitassero seguendo tutte le indicazioni. Si tratta di una coproduzione con il teatro statale di Mainz.

Jorge Binaghi

9/8/2021

La foto del servizio è di Clarissa Lapolla.