RECENSIONI
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Monaco

Spettacolare Turandot

Per la prima volta ho dovuto usare gli occhiali da 3D o Cinerama che prima adoperavo – sporadicamente – al cinema. La celebre Fura dels Baus indicava anche con un piccolo simbolo quando li si doveva mettere. Effetti magnifici, colori sublimi... e regia vuota, o peggio. Un Calaf che da una sberla a Liù quando la schiava dice che lei sola conosce il suo nome e che risolve gli enigmi con l'aiuto di un cellulare e sembra piuttosto un calciatore ogni volta che vince... Una Liù che muore impalata e con lei finisce l'opera proprio come alla prima assoluta alla Scala. Si può discutere se i vari finali siano più o meno adatti, ma è chiaro che Puccini non intendeva lasciare l'opera così, quindi… Poi c'è questa smania di trapezisti, equilibristi, o di inservienti (in pattini) che puliscono ossessivamente il pavimento e non c'è quasi nessuno dei cantanti che possa cantare sempre coi piedi in terra perchè prima o poi devono sgambettare, e non è che le maschere – bella trovata sì farle ubriache all'inizio del secondo atto quando non ne possono più di teste mozzate – ci guadagnino molta dignità appese a un filo, anzi.

Bene la direzione di Thomas Sondergard, alquanto forte al primo atto verso la fine (tutto il concertato), ma altrimenti molto in carattere con una bella esecuzione orchestrale. Anche il coro, istruito da Sören Eckhoff, si esibiva in modo più che positivo.

Tra i protagonisti spiccava la principessa di gelo di Nina Stemme, assolutamente straordinaria come cantante e brava attrice. Stefano La Colla ha un timbro molto luminoso ma non sa cantare che forte o fortissimo, e qualche volta l'intonazione cede o perde il controllo e passa al grido, e fa il possibile – non molto – come attore. Golda Schultz, una Liù amatissima dal pubblico, cantava bene ma senza emozione e il timbro risultava troppo metallico e un po' sul leggero per la parte. Alexander Tsymbaliuk (Timur) ha sempre una bella voce da basso anche se alcuni acuti erano troppo fissi. Balínt Szabó era un Mandarino più basso che baritono, ma bravo. Le tre maschere si muovevano bene ed erano i tenori Kevin Conners (Pang, vocalmente il più debole) e Galeano Salas (Pong ma anche la voce del principe di Persia); Mattia Olivieri (Ping) si ritagliava un bel successo con una voce bella capace d'inflessioni sarcastiche, cattive ma anche nostalgiche. L'imperatore Altoum veniva affidato – personalmente trovo a torto – al tenore Ulrich Ress. Applausi accesi per tutti da un pubblico che di nuovo riempiva assolutamente la grande sala e non pareva osservare differenza alcuna sul lavoro individuale degli interpreti.

Jorge Binaghi

25/7/2019

La foto del servizio è di Wilfried Hösl.