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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Il re pastore di Wolfgang Amadeus Mozart

al Théâtre du Châtelet di Parigi

2015, Mozart nello spazio

•  Database: Impero ellenico
•  Status: conquista in progress…
•  Stratone: CLEAR
•  Nuovo obiettivo: trovare un re.

Incalzanti, impetuose, travolgenti, le note della Sinfonia del Re pastore, K. 208, serenata in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart, invadono la sala del Théâtre du Châtelet di Parigi. Dell'importanza capitale di questo titolo – composto nei primi mesi del 1775 su commissione dell'aborrito principe-arcivescovo Colloredo, in occasione della visita dell'arciduca Maximilian Franz alla città di Salisburgo – siamo tutti concordi: è l'ultimo titolo ‘giovanile' di un musicista appena diciannovenne, prima di un silenzio lungo ben sei anni e la svolta di Idomeneo, re di Creta, che apre la galleria dei capolavori. Ma di tutto questo ci si ricorda appena, durante la ripresa parigina. Perché sullo schermo-sipario, quindi sul palcoscenico, l'avanzata di Alessandro Magno, la conquista del regno di Sidone e la ricerca di un nuovo monarca – che si cela sotto le evangeliche vesti di un pastore, pronto a guidare il suo gregge secondo i dettami dei Lumi – diventano uno strepitoso videogame, a metà tra Star Wars e 2001: Odissea nello spazio, con virtuosistiche animazioni in 3D, personaggi scaturiti da un manga giapponese e finestre pop-up come quella sopra descritta.

Che l'operazione sia provocatoria è evidente, così come risulta strabiliante – ma occorre ancora sottolinearlo? – la ‘capacità di adattamento' dell'ancora acerba drammaturgia mozartiana a un contesto tanto urticante. Inghiottito il rospo, tuttavia, lo spettacolo ha comunque una sua motivazione. Per cominciare perché – lo si dica apertis verbis – se Il re pastore non viene eseguito non è certo per colpa della musica di Mozart, che nel Rondeaux finale di Aminta «L'amerò, sarò costante» consegna una gemma d'inestimabile valore; quanto della favoletta arcadica di Metastasio, che deborda di ruscelletti e pastorelli d'improba resa scenica. Ma soprattutto perché la messinscena scaturisce dall'immaginario di due registi prossimi alla quarantina, Olivier Fredj e Nicolas Buffe, cresciuti a pane e cartoni animati, pronti a brandire il vessillo di una subcultura ormai diventata oggetto d'arte per trasformarla in filtro interpretativo, realtà aumentata, sfida tecnologica. E come le voci dialogano con l'orchestra, così la scena insegue le immagini virtuali, immaginando per ciascun numero musicale tutto un arsenale visivo che ne amplifica la profondità degli affetti, l'energia e – perché no? – l'irresistibile humour. Con garbo, eleganza e senso della misura Antoine Souchav' ridisegna il paesaggio sonoro, infiltrandosi nella partitura mozartiana con inserti sonori da videogioco.

Ad accendere la miccia del consumo musicale parigino è, ancora una volta, l'ardita programmazione di Jean-Luc Choplin, che non dimentica di assicurare un contesto musicale attendibile e perspicuo, se non proprio memorabile. Sul podio dell'Ensemble Matheus, Jean-Christophe Spinosi prosegue infatti l'esplorazione dell'estrema stagione classica, dagli ultimi testimoni dello stile galante haydniano agli esordi rossiniani: con sicurezza e slancio vertiginoso, cura di dinamiche contrastate e pronto sostegno alle ragioni del canto, ottimamente difese da una limpida Soraya Mafi (Aminta) e dall'eroico Rainer Trost (Alessandro), insieme con Raquel Camarinha (Elisa), Krystian Adam (Agenore) e Marie-Sophie Pollak (Tamiri).

Quando l'astronave di Alessandro spicca il volo, la sala esplode in un boato di applausi: ed è bello constatare che, insieme ai volti perplessi dei soliti melomani incrostati ai velluti delle poltrone, la sala sia punteggiata dalla reattiva freschezza di un pubblico di teenagers, per una volta maggioritari e plaudenti, avidi lettori dello spiritoso fumetto che, nel programma di sala, racconta e aggiorna la trama dell'antica serenata. È forse questo il futuro della lirica? Ai posteri l'ardua sentenza…

Giuseppe Montemagno

10/2/2015

La foto del servizio è di Marie-Noëlle Robert.