RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Rigoletto

tra sontuosi broccati e labirinti dell'anima

Quale massima di saggezza, proverbio, detto popolare o aforisma può spontaneamente affiorare alla mente di uno spettatore ogni qualvolta assiste all'opera Rigoletto? Una delle prime potrebbe essere senza alcun dubbio la secolare: «Chi la fa l'aspetti», seguita dalla più truce: «Chi di spada ferisce, di spada perisce» o dalla più filosofica: «Chi semina vento raccoglie tempesta», per arrivare poi alla sarcastica: «Ride bene chi ride per ultimo», che nel caso della celebre opera diventa specularmene: «Piange più amaro chi piangerà per ultimo», dato che l'irrisione beffarda di Rigoletto nei confronti di Monterone “troverà la sua vendetta”, forse sarebbe più elegante oggi scrivere “la sua nemesi” nella pietosa fine di Gilda. Altra massima di elevata sapienza, certo più laica che cattolica, da trarre dall'opera è che non sempre i malvagi pagano per le loro nefandezze, anzi spesso la fanno franca e continuano a godersi la vita (quantomeno quella terrena).

Ma a parte le nostre rudimentali riflessioni metafisiche sul bene e sul male e sulla punizione o meno delle azioni malvagie in questa o in un'altra vita, l'opera Rigoletto di Giuseppe Verdi per il libretto di Francesco Maria Piave perverrà sempre a suscitare ogni volta che lo riascoltiamo la nostra ammirazione ed il nostro stupore per la sua singolarità drammatica, il suo perfetto equilibrio, l'interazione fra i personaggi, la bellezza e lo struggimento della sua musica, tutti elementi che hanno contribuito e contribuiscono a farne una delle pagine più riuscite ed affascinanti della storia di tutto il melodramma ed in particolare di quello ottocentesco.

L'edizione presentata al Teatro Antico di Taormina il 7 ed il 9 luglio 2013, con la regia e le scene di Enrico Castiglione, ha messo in patente evidenza l'ineluttabilità del destino e delle passioni dei protagonisti del dramma, ponendo il labirinto come emblema-simbolo di un cammino quasi forzato e obbligato verso il soggiacere di ogni essere umano alle proprie pulsioni e passioni. Così il labirinto che ha primeggiato in ogni atto ridisegnava miticamente l'antico anfratto nel quale il Minotauro divorava le vergini greche a lui sacrificate, così come vengono sacrificate giovani fanciulle ai più moderni despoti e padroni. In verità Castiglione ha saputo cogliere il significato archetipo dell'opera sviscerandone i tragici e dolorosi risvolti umani, fino all'annientamento finale.

I costumi disegnati con perizia e raffinato gusto da Sonia Cammarata hanno contribuito non poco alla riuscita di uno spettacolo dove il colore definiva, delineava e fissava anche caratterialmente ogni personaggio, disegnandone i contorni di odio e amore, forza e debolezza, veemenza e umiltà, ribellione e rassegnazione all'ineluttabile destino.

Gianluca Martinenghi ha diretto con mano ferma e sicura la valida e compatta Orchestra Sinfonica del Conservatorio Bellini di Palermo, senza mai sovrastare i cantanti con eccessi fonici troppo esuberanti e sovrabbondanti, anzi contenuti sempre in un pathos emotivo che affidava più all'implosione interna che all'esplosione esterna tutti i suoi dolorosi rimandi emozionali ed affettivi. Buona anche la resa del Coro Lirico Siciliano, preparato con salda e solida professionalità dal maestro Francesco Costa.

Carlos Almaguer è riuscito ad entrare molto bene nei panni di Rigoletto, sia da un punto di vista vocale che teatrale, evidenziando rare doti artistiche e drammaturgiche oltre che una dizione netta e chiara attraverso la quale non una sillaba di canto o recitativo andava perduta. Forse qualche maggiore attenzione ai legati ed alla copertura del suono nelle zone acute avrebbe aumentato l'incisività della sua performance. Il soprano Rocio Ignazio ha saputo trasfondere al personaggio di Gilda, sia vocalmente che scenicamente, tutta la soave mestizia e dolce ingenuità di cui lei è devota ma soccombente ambasciatrice. Davvero eccellenti anche le prove vocali offerte dal basso Emanuele Cordaro nei panni di un compassato e quanto mai professionale Sparafucile e del mezzo soprano Chiara Fracasso, carnale e nel contempo pietosa Maddalena. Non ci è parso in piena forma Gianluca Terranova nella parte del Duca di Mantova, il quale riusciva non sempre limpido e rifinito nelle zone più acute, perdendo smalto e lucentezza. Non male le esibizioni di Gianfranco Montresor (Il Conte Monterone), Antonio Barbagallo (Marullo), Giuseppe Distefano (Borsa Matteo), Salvatore Grigoli (Il Conte di Ceprano), Annalisa Sprovieri ( la Contessa di Ceprano).

In entrambe le serate si è registrato il quasi tutto esaurito ed un successo di pubblico che nella prima sera ha fatto sì che Carlos Almaguer, caso oramai abbastanza insolito, concedesse come bis il “Sì vendetta, tremenda vendetta”.

Giovanni Pasqualino

10/7/2013

Le foto del servizio sono di Domenick Giliberto.