RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Una Tosca tradizionale ma sensazionale

al Teatro Massimo di Palermo

Ci sono opere liriche che da sempre vengono presentate e ripresentate ciclicamente nei cartelloni delle stagioni di tutti i teatri del mondo e fra queste c'è spesso proprio la Tosca di Giacomo Puccini. Tali composizioni musicali, con la loro quasi ossessiva e rassicurante ripetizione, a nostro avviso subiscono tale processo di sgretolazione e disintegrazione musicale all'interno del nostro orecchio, che davvero si corre il rischio di non apprezzarle più come esse meritano, o addirittura di non percepirne più le reali bellezze, se la loro esecuzione non riesce ad elevarsi molto al di sopra di certi standard che le farebbero cadere in una routine tanto mediocre quanto banale.

Quest'ultimo non è stato certamente il caso del capolavoro Pucciniano proposto dal Teatro Massimo di Palermo venerdì il 29 e 30 aprile e il 3 e 4 maggio 2022, tant'è che il celebre melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica si presentava al pubblico siciliano già con una regia sicuramente valida e pregiata anche se tradizionale, se con questo termine oramai si possono e devono designare solo le regie corrette, rispettose e riguardose verso le indicazioni didascaliche degli autori.

Mario Pontiggia, senza fare alcun torto al magnifico libretto che non ha certo bisogno di superfetazioni ed escrescenze che siano frutto di ricercatezze innovative atte a snaturarne ed avvilirne significazioni (come oramai è costume di certe regie moderne stralunate e stravolgenti) ha saputo realizzare una splendida armonia fra scene, movenze corporee, gestualità, canto e musica, evitando sbavature e gratuiti eccessi drammaturgici, privilegiando invece una lettura scarna, essenziale e densa, dove i personaggi-cantanti si muovevano con grande compostezza ed equilibrio e soprattutto realizzando una dialettica quanto mai biunivoca fra la semanticità del testo e l'emotività sprigionantesi dal linguaggio musicale.

Le scene ed i costumi di Francesco Zito rispecchiavano in modo pertinente e adeguato il periodo storico nel quale si svolgeva la vicenda e si offrivano anche con colori semplici e alquanto dimessi, rispecchiando molto bene il riverbero all'esterno dello stato d'animo della incombente tragedia finale. Le luci soffuse, diafane e smorzate, attraverso le quali si ridelineavano gli stati psicologici dei personaggi, proposte da Bruno Ciulli, contribuivano parecchio a creare la giusta atmosfera patetica e struggente del dramma.

Anna Pirozzi ha saputo rendere appieno il carattere della protagonista eponima sia da un punto di vista vocale che attoriale. La sua voce lunga, piena, pastosa e dallo smalto luccicante ha saputo mettere in campo tutti i pregi tipici del soprano lirico-drammatico, riuscendo a controllare e usare in modo davvero ineccepibile anche la zona medio-bassa della sua magnifica voce. Anche sul piano della recitazione si dimostrava assolutamente efficace e aderente alla psicologia del tormentato personaggio.

Il tenore Fabio Sartori (Mario Cavaradossi) già nell'aria Recondita armonia ha sfoderato le sue distinte qualità vocali, fornendo una performace emozionante, rifinita e accurata, raggiungendo il si bemolle della melodia senza alcuna difficoltà e senza alcuna stiracchiatura. Altrettanto significativa e ricolma di pathos è stata l'esecuzione del brano E lucevan le stelle riuscendo a distendere ancor la sua interpretazione, rendendola quanto mai straziante e dolorosa. Quanto al baritono Amartuvshin Enkhbat (il barone Scarpia), da noi già ascoltato al Festival Verdi del 2019 in Nabucco, non possiamo che ribadire la sua abilità nel cantare sulla voce, la sua timbratura bronzea e possente, la sua abilità e sicurezza nei passaggi di registro, la sua emissione sempre esperta e precisa. Buone e sicure le prestazioni offerte dal basso Gabriele Sagona (Cesare Angelotti), dal baritono Matteo Peirone (Sagrestano), dal tenore Massimiliano Chiarolla (Spoletta), del basso Italo Proferisce (Sciarrone) e dalla voce bianca Anna Costa (un pastore).

Il maestro Valerio Galli ha diretto l'orchestra del Teatro Massimo con ottima scelta della velocità dei tempi e rifinita cura delle indicazioni dinamiche, evitando anche sonorità straripanti o eccessivamente soverchianti le compagini vocali. Equilibrio fonico e dosaggio espressivo sono state le caratteristiche peculiari della sua elegante conduzione. Efficaci e funzionali al dramma lirico sono stati anche il coro del Teatro preparato dal maestro Ciro Visco e il coro di voci bianche preparato da maestro Salvatore Punturo. Vere e proprie ovazioni, unite a incandescenti e infiammati applausi si sono avuti da parte del numerosissimo pubblico intervenuto alla fine dello spettacolo nei confronti di tutti gli artisti.

Giovanni Pasqualino

5/5/2022

Le foto del servizio sono di Franco Lannino e Rosellina Garbo.

 

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