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Il Trovatore

all'Arena di Verona

Il quinto titolo del Festival all'Arena di Verona è stato Il Trovatore di Giuseppe Verdi, ripresa del celebre spettacolo di Franco Zeffirelli creato nel 2001. Quest'allestimento è probabilmente il migliore che il regista toscano ha realizzato per l'Arena. Un impianto quasi fisso con una grande torre al centro, e due monumentali guerrieri speculari ai lati, palcoscenico roccioso, grande effetto di luce notturna, e soprattutto cambio scena rapidissimo, l'opera si rappresenta di due parti. L'aspetto scenografico è grandioso e spettacolare, ancor più incisivo quando al secondo atto la torre si apre trasformandosi in chiesa per l'entrata in convento di Leonora. Tratto registico tradizionale ma con buoni spunti, costumi di gran pregio di Raimonda Caetani e una coreografia stilizzata di El Camborio. Un classico spettacolo da Arena, imponente e di grande effetto visivo, la cui drammaturgia è assolta bene pur con qualche libertà. Infatti, com'è uso di Zeffirelli, l'esagerazione si può riscontrare nella scena finale del secondo atto, nella quale le suore che accompagnano una dama di compagnia di una principessa in convento sono numerosissime, sarebbero state eccessive anche per una regina, lo stesso dicasi per il corteo di frati nel “Miserere”, o per i gitani dell'accampamento. Ma sono piccole chiose e il palcoscenico è grande, tutto sommato ci può stare. Rilevante su tutto la mano dello scenografo (sempre Zeffirelli) che prevale notevolmente sul regista, una mano che appaga i desideri del pubblico, il quale gradisce applaudendo.

Sul podio abbiamo ritrovato con piacere il maestro Daniel Oren, il quale ha concertato con sapiente professionalità, traendo dalla buona orchestra colori appropriati e un respiro narrativo rilevante. Elegiache le parti romantiche, sostenute nel ritmo quelle di tensione, sempre in un buon equilibrio di suono. Discutibile invece la scelta di eliminare tutti i da capo, e l'inserimento nel II e III atto di alcuni stralci del balletto (composto per Parigi da Verdi). Buona la prova del coro, per uniformità e compattezza, diretto da Vito Lombardo.

Il cast scritturato per le poche recite previste era sulla carta molto allettante ma alla fine è risultato deludente.

Marco Berti, Manrico, canta il ruolo come tutti gli altri che interpreta. Non ci sono traccia di accento, colore, fraseggio. Trattasi di una prova sempre basata sulla forza e l'impeto, che risulta monotona e ormai stentorea, gravata in taluni casi da qualche problema d'intonazione. Devo rilevare che comunque è un cantante sicuro, che va per la sua strada e arriva al termine, ma senza lasciare particolari tracce.

Grande delusione ci ha riservato il soprano Hui He, Leonora, la quale accusava evidenti problemi di fiato e nel registro acuto. Sono purtroppo passati i bei dì della cantante che in possesso di un mezzo vocale di grande valore riempiva l'Arena con suoni dolci, lunghi filati e una sicurezza nelle agilità tanto da porsi come una delle migliori in questo repertorio. Oggi la voce è molto indurita e ridotta notevolmente in acuto, cosa dovuta sicuramente alla scelta troppo pesante del repertorio, cui resta solo un accento gradevole e una contenuta espressività.

Molto meglio gli altri due coprotagonisti. Dalibor Jenis disegna un Conte di Luna aristocratico e fiero, usando i suoi mezzi con buona perizia tecnica e un ragguardevole accento, dimostrando una buona attitudine al canto legato e mai forzato.

Azucena era Violeta Urmana, ritornata ultimamente al registro di mezzosoprano, che ho sempre preferito alle sue prestazioni sopranili. Anche in questo caso la lunga carriera e il passaggio di registro hanno contribuito a mettere a dura prova una voce di classe superiore. Tuttavia l'accento era pertinente e l'utilizzo dei mezzi abbastanza appropriato. Molto a suo agio nel registro acuto, anche se il do era appena accennato, e ancora molto valida nel centro e nella zona grave, seppur con qualche abuso di petto. Nel complesso una buona prova cui va sommata una non comune arte scenica.

Di assoluta routine il Ferrando di Sergey Artamonov. Buoni Elena Borin, Ines, Antonello Ceron, Ruiz, e Cristiano Olivieri, un messo, inappropriato il vecchio zingaro di Victor Garcia Sierra.

Fa molto pensare vedere un'Arena semivuota per un titolo di grande repertorio come Il Trovatore, le risposte forse ci sono ma le prime osservazioni che vengono alla mente sono i prezzi troppo alti e l'assenza di promozione.

Purtroppo l'opera non è terminata per un temporale, mancavano solo una decina di minuti al termine.

Lukas Franceschini

18/8/2016

Le foto del servizio sono di Ennevi - Arena di Verona.