RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Turandot

all'Arena di Verona

La terza opera in cartellone al 96° Festival dell'Arena è Turandot, di Giacomo Puccini, che è rappresentata nell'allestimento ideato da Franco Zeffirelli nel 2010. Spettacolo ideale per il pubblico areniano poiché ricalca il solco della più storica tradizione. Allestimento che al tempo fu considerato erroneamente nuovo ma nella sostanza non è altro che un rifacimento dello spettacolo del Teatro Metropolitan (1987) a sua volta rifacimento di quello del Teatro alla Scala (1983).

Il regista fiorentino non è mai andato oltre il concetto fiabesco, anche se Turandot offrirebbe occasioni sia musicali sia psicologiche molto più teatrali. La magnificenza, configurazione dominante in Zeffirelli, la fa da padrona ma anche in questo caso è situazione effimera perché per avere il grande effetto di teatro nella seconda scena del II atto, si sacrifica tutto il precedente. Infatti, considerando gli spazi areniani, assistere a tutto il primo atto e parte del secondo in un'area così ristretta e con un numero elevato di figuranti complicava non solo la visione ma anche identificare i protagonisti. Doveroso inoltre aggiungere che ogni tipo di soluzione folkloristica è inserita nel corso della rappresentazione, e i colori emergono con grande impressione. Indubbio che tale visione sia solamente decorativa, a scapito di una linea drammaturgica di racconto appena accennata o non volutamente scavata. Potremmo parlare di tableaux vivants di grande effetto, e così è stato giacché al dischiudersi della grande scena della reggia è scoppiato l'applauso incondizionato del pubblico. Gradita o meno è un modo di fare teatro che ha imperato per anni, anche se oggi notevolmente sorpassato, di Zeffirelli si ammira più la mano del disegnatore-scenografo che l'intuizione e la lettura registica.

Indimenticabili invece i costumi di Emi Wada, i quali non possiamo affermare se effettivamente tradizionali o meno, ma i colori, il disegno, la luminosità erano davvero bellissimi. Luci molto curate di Paolo Mazzon, ma troppo spente nell'atto I e III, credo volute dal regista stesso.

Sul podio dell'orchestra dell'Arena, la quale è doveroso rilevare era in ottima forma, limpida e precisissima, il veterano Daniel Oren. Il maestro israeliano ha un rapporto speciale con l'opera pucciniana e i lunghi anni passati all'Arena, luogo all'aperto, gli consentono di poter concertare con grande impegno, sempre veemente e istintivo, producendosi in un considerevole sviluppo cromatico e una tempistica articolata di emozionante variazione. Ma tutta la difficile partitura è perfettamente eseguita in tutte le singole spigolature e sfaccettature, a tal proposito emblematica la scena dei ministri del II atto, ma non meno incisive anche tutte le sezioni liriche.

In Turandot è coprotagonista il coro e quello dell'Arena ha fornito prova eccellente di compattezza, sfoggio di colori e raffinata educazione musicale, merito dei membri dell'ensemble ma anche del maestro Vito Lombardi. Molto bravo anche il Coro di Voci Bianche A.d'A.MUS diretto da Marco Tonini.

Era molto attesa la prova di Anna Pirozzi, quale protagonista, oggi una delle migliori cantanti italiane. La signora Pirozzi interpreta e soprattutto canta una Turandot molto umana, non ha le caratteristiche del soprano drammatico di forza (magari d'estrazione wagneriana) e giustamente non cerca neppure di imitarlo. Le sue frecce migliori sono composte da un autorevole uso del registro acuto, senza risparmio o paura di osare, un fraseggio accurato e una capacità di giocare sul colore e sull'accento, peraltro molto rilevante. Una prova superata alla grande.

Non meno brillante anche la performance di Gregory Kunde, Calaf, che è ancora in possesso di mezzi vocali ragguardevoli. Confesso che preferivo il tenore nel suo primo repertorio e mai avrei pensato un quarto di secolo addietro che il cantante un giorno potesse arrivare a personaggi come Radames o il Principe Ignoto. In quest'ultimo è indicativa la tenuta vocale, anche se certe asprezze sono scontate, ma il fraseggio è di primordine e lo squillo puntuale in ogni momento. Non sempre perfettamente calibrato nel ruolo amoroso, tuttavia coglie un consenso unanime nell'aria del III atto e addirittura concede il bis.

Molto positiva la prova di Vittoria Yeo, una Liù di grande fascino sia vocale sia interpretativo. Dotata di voce lirica, armoniosa e bene impostata, ella sa sfruttare con grande maestria tutte le caratteristiche di un canto dolce, sempre rifinito in tutti i registri e con un sapiente utilizzo di colori e fraseggio tratteggia un personaggio vero, dolce e drammatico.

Molto bravo il terzetto dei ministri composto dal Ping di Federico Longhi, il Pong di Francesco Pittari e il Pang di Marcello Nardis, divertenti, raffinati e molto omogenei. Giorgio Giuseppini era un Timur professionale, al pari del bravo Gianluca Breda (Mandarino), il corretto Antonello Ceron (Altoum) e Ugo Tarquini (Principe di Persia).

Anfiteatro quasi al completo e successo trionfale al termine.

Lukas Franceschini

17/7/2018

Le foto del servizio sono di Ennevi-Arena di Verona.