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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

I due Foscari

in edizione critica al Festival Verdi di Parma

Sesta opera del catalogo verdiano, I due Foscari è celebre per l'uso pervicace che il compositore fece dei leit-motiv, ovviamente in modo differente da quello wagneriano – quattro temi, fra l'altro riproposti in modo quasi sempre uguale e non molto elaborato, come avverrà invece più avanti nel Don Carlo, che designano i quattro protagonisti principali del lavoro. Il primo motivo, tanto triste quanto splendido, viene quasi sempre affidato al clarinetto e rappresenta Jacopo; il secondo tema, ampio e solenne, rappresenta il Doge; il terzo tema, più aggressivo e impertinente, vorrebbe raffigurare Lucrezia, e infine il quarto motivo, alquanto ambiguo e untuoso, vorrebbe delineare l'intero Consiglio dei Dieci, inteso proprio come personaggio scenico.

Il libretto in tre atti, tratto dall'omonima opera teatrale in versi e in cinque atti del 1821 di George Gordon Byron, fu realizzato da Francesco Maria Piave e rappresentato per la prima volta al Teatro Argentina di Roma il 3 novembre del 1844, dove venne accolto con entusiasmo non elevato ma alquanto moderano e contenuto. La ragione probabilmente fu dovuta all'eccessiva cupezza della trama, come lo stesso compositore ebbe modo di ricordare a Piave in una lettera successiva del 1848: “Nei soggetti naturalmente tristi, se non si è ben cauti si finisce per fare un mortorio, come, per modo d'esempio, i Foscari, che hanno una tinta, un color troppo uniforme dal principio alla fine”.

In ogni caso, se l'opera non rientra nei grandi capolavori del Cigno di Busseto, ha tuttavia qualche valenza positiva, come ebbe a sottolineare Massimo Mila nel suo volume Giuseppe Verdi: “Tuttavia I Due Foscari non è, tra le opere verdiane giovanili, una di quelle su cui si debba portare un giudizio interamente negativo, ed al contrario segna una tappa importante, dalla quale non si può prescindere nello studio dello svolgimento seguito dalla concezione drammatica del suo autore. Molti sviluppi futuri vi sono adombrati: è la prima opera verdiana dalla quale siano esplicitamente assenti i casi d'amore ed è la prima opera verdiana nella quale vicende politiche siano in sostanza il motore stesso dell'azione”.

L'edizione proposta al Teatro Ducale di Parma dal Festival Verdi 2019 (noi abbiamo assistito alla recita del 6 ottobre) era basata sull'edizione critica a cura di Andreas Giger per The University of Chicago Press, Chicago, e Casa Ricordi di Milano. Diciamo subito che la regia di Leo Muscato si evidenziava lucida e determinata, rivelandosi parecchio efficace nella gestione dello spazio del palcoscenico, nella coordinazione dell'azione drammaturgica con il golfo mistico, nella definizione efficace della gestualità degli interpreti in puntuale sintonia con la linea del canto.

Le scene di Andrea Belli, per quanto scarne ed essenziali, ben si confacevano al dramma, così come i costumi di Silvia Aymonino che esibivano un taglio elegante e una esatta pertinenza storica. Le luci di Alessandro Verazzi, quanto mai significative e suggestive, davano ampio respiro all'evocazione delle varie situazioni emotive e psicologiche che agitano la trama.

Il baritono Vladimir Stoyanov è stato un Francesco Foscari di grande spessore artistico. La sua voce si è conformata alla tragedia del personaggio in modo assoluto, riuscendo a esprimere in tutta la sua bellezza la dimidiata anima di un uomo, anima dilaniata fra i dettami imposti dalle leggi del proprio stato e il tenero amore per il proprio figlio. La magnifica brunitura, la stentorea potenza, il magistrale fraseggio si sono fusi con una prestazione drammaturgica davvero spettacolare che emergeva in tutta la sua manifesta pregnanza nell'aria finale “Questa è dunque l'iniqua mercede”, che ha riscosso acclamazioni entusiastiche dal foltissimo pubblico presente in teatro.

Il tenore Stefan Pop nella parte di Jacopo Foscari si è destreggiato in modo egregio, esibendo uno squillo tenorile brillante. Tuttavia una maggiore cura e copertura degli acuti avrebbe reso certo più incisiva la sua esibizione. Il soprano Maria Katzarava nel ruolo di Lucrezia Contarini ha mostrato delle abilità tecniche elevate, una zona media efficace e molto curata, un'agilità vocale possente e un fraseggio corretto e rifinito. Il basso Giacomo Prestia (Jacopo Loredano) ha evidenziato una salda voce dal colore bronzeo rotondo e compatto. In buona forma e aderenti ai personaggi Francesco Marsiglia (Barbarigo) ed Erica Wenmeng Gu (Pisana).

Il maestro Paolo Arrivabeni ha condotto la Filarmonica Arturo Toscanini, l'Orchestra Giovanile della Via Emilia e il coro del Teatro Regio di Parma (quest'ultimo preparato con cura da Martino Faggiani) in modo equilibrato e corretto, evitando di lavorare troppo di cesello ma calcando invece la mano sugli aspetti “dolorosi” e “commoventi” della partitura. Il nuovo allestimento dell'opera verdiana è stato realizzato dal Teatro Regio di Parma in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna. La serata è stata dedicata alla memoria del tenore siciliano Marcello Giordani, recentemente e improvvisamente deceduto a causa di un infarto fulminante.

Giovanni Pasqualino

7/10/2019