RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona

Aida, l'eterno ritorno 'aggiornato'

L'opera più amata dai barcellonesi, questo titolo e Rigoletto sono i più frequentati al Liceu, ma Aida vince e non per poco, è tornata dopo otto anni. Oggi ci sono più titoli che attendono e soprattutto meno artisti capaci di portare a termine la serata. Per fortuna le due compagnie erano, tutto sommato, attendibili anche se ci sono state (come no) le solite cancellazioni.

Si riprendevano (il giorno in cui verranno archiviate ci sarà una rivoluzione al Liceu) le stimatissime e ottime tele dipinte nel 1945 dal grande prospettivista (c'è perfino un suo trattato in merito) Josep Mestres Cabanes. Peccato che i ripensamenti (?) del regista Thomas Guthrie e del coreografo Angelo Smimmo fossero quasi sempre contro testo, tra didascalie e ... musica: Verdi – e non solo lui – era molto chiaro per quanto riguarda il momento di presentarsi – e anche di uscire – sul palcoscenico di un personaggio; anche quando devono restare da soli senza eunuchi, popolo, ecc. – che poi gli eunuchi in quell'epoca non so ma mi pare che non fossero troppo presenti, se non come punizione, in Egitto... Abbiamo avuto diritto a grida di gioia a ogni arrivo del Faraone, di ammirazione durante le danze – una specie di lotta gladiatoria – del trionfo, risate stupide quando anzichè i negretti ballavano gli eunuchi con due bambini capitati per caso, gente che curiosava per l'atrio del palazzo all'atto primo e una misteriosa bimba che scriveva durante il preludio e ricompariva alla fine dell'opera. C'era anche una vittima (femmina) per il quadro del tempio di Ftah... Tranne due buh dopo la danza di eunuchi e bambini, molto timidi, nessuno pareva trovare niente da ridire. Sarà...

Venendo al sodo, la direzione musicale di Gustavo Gimeno era molto buona, con alcuni momenti che in futuro saranno meno squilibrati in quanto a dinamica e fraseggio; molto bene l'orchestra. Ottimo il coro, preparato dalla solita Conxita García, e particolarmente notevoli i bassi. Berna Perles cantava un'eccellente sacerdotessa, di colore perfino troppo scuro e Josep Fadò riprendeva ancora una volta il suo bravissimo Messaggero. Il giovane Mario Buccino (il Re) ha delle qualità ottime ma bisognerebbe che il suo canto fosse meno costantemente monolitico ed enfatico.

Tutti gli altri ruoli avevano due interpreti. Ramfis veniva interpretato da Kwangchul Youn (debutto al Liceu) e Marko Mimica. Il primo già veterano aveva ancora un fiume di voce ideale per il ruolo. Il secondo, più artista e molto giovane, non aveva i gravi per alcuni momenti (terz'atto) ma funzionava bene. Amonasro erano Franco Vassallo e Àngel Òdena (che sustituiva Marco Vratogna, malato). Il ruolo non richiede troppe sfumature e non le abbiamo avute, ma sì suono, nel caso di Vassallo un po' mitigato il volume per la sua emissione ingolata. Non eravamo al massimo del ruolo ma tutto sommato più che accettabili. Amneris è il personaggio più complesso di tutti i principali e richiede forse troppe qualità per un solo cantante. Clementine Margaine è un vero Falcon con un grave e un centro importanti, un buon acuto in alcuni momenti fisso e una buona attrice, ma il fraseggio non dà l'impressione di naturalità che è stato l'appannaggio delle più celebri interpreti del ruolo. Judit Kutasi è un mezzosoprano di mezzi generosi, con un po' di vibrato nell'acuto – alquanto metallico – e un grave sufficiente ma non straripante; l'artista è un po' di stampo antico (le mani e gli occhi possono lasciare perplessi). Radamès è una croce per i tenori che dopo due frasi iniziali devono affrontare una difficilissima Celeste Aida (non dimentichiamo il recitativo precedente). Yonghoon Lee ha oggi una grande voce ma il centro e il grave sono molto sgradevoli; canta con sicurezza e una potenza quasi assordante ma è capace di emettere qualche piano interessante – principio dell'aria, duetto finale; nel terz'atto c'è la volontà di farli ma il risultato non n'è all'altezza – ed è corretto interprete. Luciano Ganci canta tutto il tempo forte fino al punto di diventare monotono e a partire del duetto del terz'atto si stanca, il fiato si fa corto e l'acuto confina nel grido (Sacerdote, io resto a te! è praticamente un urlo verista); nel quarto migliora ma i limiti si fanno di nuovo presenti nella scena finale. Aida era il veicolo per il debutto – finalmente! – di Angela Meade al Liceu, e anche la sua prima volta nel ruolo. Ottima cantante, discreta attrice, ha tutto quanto si possa desiderare ma certamente in futuro farà ancora meglio – una delle terribili mezzevoci di O patria mia le si spezzava ma l'artista riusciva a riprendere il suono filato dove s'era interrotto con una bravura e una presenza d'animo notevole. Dall'Aida della Cedolins a Verona (2013) non sentivo una protagonista di questo livello. L'altro soprano doveva essere Anna Pirozzi che dopo le recite veronesi dell'estate scorsa ha risolto di non cantare più la parte. Così è arrivata, anch'essa per debuttare al teatro e nella parte, Jennifer Rowley, voce interessante, non bella nè personale ma molto sicura in acuto (quasi sempre metallico però), con un buon centro ma gravi deboli e un simulacro di suoni filati che si presentano allo stato puro solo all'inizio del duetto dell'atto terzo e nel duetto finale. Brava artista, ma con tendenza a strafare le facce di angoscia e sofferenza e un molesto battito di ciglia quasi costante. Grande successo per tutti. Teatro strapieno.

Jorge Binaghi

18/1/2020

Le foto del servizio sono di Antonio Bofill.