RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Werther

al Comunale di Bologna

Werther, il celebre dramma lirico di Jules Massenet, torna al Comunale di Bologna dopo venticinque anni (esclusa la parentesi Bocelli del 2004), con attrattiva principale la presenza del tenore Juan Diego Florez alla sua prima italiana nel ruolo in titolo. Curioso che la prima dell'opera sia andata in scena all'Hofoper di Vienna in lingua tedesca nel 1892, l'anno seguente la consacrazione sarà all'Opéra-Comique di Parigi in lingua originale, in un clima musicale in piena voga verista. Tratto dal romanzo Die Leiden des jungen Werther di Wolfgang Goethe, possiamo affermare che l'opera è un unico grande duetto, suddiviso in dialoghi e monologhi fra il protagonista e Charlotte, mentre gli altri ruoli sono figure di contorno, in parte sommesse, a una vicenda tagica, fatale e inesorabile. Il destino degli infelici amanti, in pratica “non amanti”, è un'esistenza infelice ma inesorabile, ove il volere umano non è in grado di mutare gli eventi e il fato. Massenet provoca nello spettatore tensione, sentimento, palpitazioni, ma enuncia sin dall'inizio con il delicatissimo “claire de lune” il tragico destino, inconfutabile, che con accenti crudeli scuote non solo l'anima. Tali aspetti sono descritti musicalmente, come in quasi tutte le opere di Massenet, attraverso una scrittura lirica e appassionata, tenera e sensuale rasente il tremore nella quale il canto è accompagnato da eleganti soluzioni sinfoniche di leggera e ispirata maestria romantica.

Interessante il nuovo spettacolo ideato da Rosetta Cucchi, la quale pone Werther al centro della scena come in un sogno o una vita desiderata. Infatti, il protagonista è sempre in scena seduto su una poltrona a sinistra ed è artefice di una drammaturgia che vorrebbe in un modo, la vita serena famigliare con la donna amata, e il destino dal quale non riesce a svincolarsi. Una regia molto azzeccata, soprattutto perché fa capire, attraverso brevissimi tableaux vivants ideati da bravi attori, un'idea psicologica che sicuramente attraversa lo stato d'animo del protagonista senza irrompere in maniera pesante su un racconto intimo e pennellato con bravura di scelte oniriche, ma anche crude, sempre in equilibrio con la melodiosa musica. Perfettamente credibile trovare sempre il ritratto della mamma defunta di Charlotte, il giuramento che la figlia fece è imperante nel corso della vicenda. Unica perplessità il pic-nic del secondo atto davanti alla chiesa, la cui scena poteva essere risolta con altra inventiva, ma è solo un gusto personale di chi scrive. Ambientazione moderna ma con stile, nella quale si apprezza in particolare la mano di Tiziano Santi, scenografo, che non dimentica il tema della natura contrassegnato da tronchi di tiglio, e realizza la bellissima casa borghese de Le Bailli, ove non sfuggono allo sguardo i numerosi libri. Più contenuti i costumi, seppur apprezzabili, di Claudia Pernigotti, funzionali le luci di Daniele Naldi, anche se in qualche caso più colore non sarebbe guastato. Spettacolo godibile e giustamente applaudito al termine.

Molto positiva la prova del direttore Michele Mariotti, salvo errori di chi scrive debuttante nel titolo. Mariotti ha imposto una lettura molto teatrale e forbita teatralmente, scavando nella complessa partitura quelle giuste e affascinanti tinte sinfoniche, mettendo in evidenza timbri sonori di ottima fattura (nei preludi e interludi in specie), ma non dimenticando mai la tensione e i tormenti dei due protagonisti. Pertanto abbiamo avuto una direzione impostata in una chiave lirica ma con sprazzi di forte accento sinfonico che non ha mai messo in discussione, o prevaricato, il canto sul palcoscenico. Pregevoli sono state le sfumature, la ricchezza dei timbri e il tessuto narrativo, forse talvolta focalizzato su singoli elementi o frammenti romanzeschi, ma d'indubbio effetto teatrale. Una direzione che merita un plauso anche perché nel canto di conversazione cerca di accompagnare un preciso vigore accorato che rende giustizia alle intenzioni del compositore. L'orchestra del Comunale era più precisa di altre volte e mai sopra le righe contribuendo alla realizzazione di una prova musicale ragguardevole, rendendo Mariotti non solo un direttore rossiniano, nel cui campo ha fornito prove anche ragguardevoli, ma un direttore che nella sua maturazione sta affrontando anche altri repertori con esiti molti distinti.

Juan Diego Florez è cantante preciso e preparato, tutte le note sono cantate con una certa facilità, ma non siamo di fronte al fuoriclasse cui siamo abituati, poiché la sua voce proiettata soprattutto in acuto non possiede le caratteristiche per il ruolo, dimostrando inoltre che con il passare degli anni la zona centrale non ha avuto un'evoluzione nello spessore. A questo va aggiunto un fraseggio poco variegato, un accento e un colore che spesso rasentavano la piattezza e il monotono. Dunque, a mio avviso, è solo questione di ruolo non adatto e questo è confermato anche da una sostanziale stanchezza nel finale, anche se ci troviamo di fronte al tenore più preparato del panorama internazionale. Anche questo tentativo di allargare il repertorio non piò dirsi totalmente riuscito.

Piuttosto anonima la Charlotte di Isabel Leonard, poco espressiva nel canto, e forzata in acuto seppur disinvolta scenicamente, nell'ordinarietà l'Albert di Jean-François Lapointe dal quale mi sarei aspettato più morbidezza nel canto. Molto piacevole la giovane e brillante Sophie di Ruth Iniesta, dal canto cristallino e molto sonoro. Molto buona la schiera di cantanti nei ruoli minori a cominciare da Le Bailli di Luca Gallo, Alessandro Luciano nella parte di Schmidt, e Lorenzo Malagola Barbieri che interpretava Johann.

Una menzione particolare al Coro di Voci bianche del Teatro Comunale di Bologna, istruiti da Alhambra Soperchi, che interpretavano i fratelli e le sorelle di Charlotte dimostrando grande musicalità e canto preciso.

Stranamente il Teatro non era esaurito, anzi si registravano parecchi vuoti, e il pubblico delle prime è stato in assoluto silenzio fino alla grande aria di Werther del III atto, dalla quale è scaturito un applauso trionfale, finendo al termine con un convinto successo per tutti ma con ovazioni per Florez e Mariotti.

Lukas Franceschini

22/12/2016

Le foto del servizio sono di Rocco Casalucci.