RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

Die Fledermaus

alla Scala di Milano

Una delle più celebri operette, Die Fledermaus di Johann Strauss figlio, è stata rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala. Il teatro milanese non ha mai dato spazio all'operetta, genere non secondario all'opera, almeno in alcuni casi, basti citare composizioni di Offenbach, di Lehár e della famiglia Strauss. Le cronache narrano che i gestori dei teatri viennesi cercarono con peculiarità produzioni che avrebbero riportato il pubblico nelle sale di spettacolo dopo il crollo della borsa del 1873, la quale aveva generato una crisi pesante e uno sconforto pessimistico nei viennesi. Il direttore del Theater an der Wien, Max Steiner, seppe di una commedia francese di grande successo Le Réveillon, di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, la quale riprendeva in parte Das Gefängnis (La prigione), commedia molto popolare del drammaturgo tedesco Roderich Benedix. Acquistò i diritti del lavoro e incaricò il drammaturgo Karl Haffner di fare la traduzione in tedesco. Questi ebbe grandi difficoltà per adattare al gusto viennese un testo marcatamente francese, e il suo lavoro fu definito inadatto al teatro. Fu l'agente teatrale a risolvere il problema facendo affidare a Richard Genée la stesura del nuovo libretto e offrendolo a Johann Strauss, suo vecchio compagno di scuola, per musicare un'operetta. Strauss fu subito affascinato dal Doktor Fledermaus, questo era il titolo originariamente pensato per il libretto di Genée, e completò la maggior parte della partitura musicale in soli quaranta giorni. Il debutto, col titolo modificato in Die Fledermaus, era previsto per il settembre 1874, ma le difficoltà finanziarie del Theater an der Wien portarono alla decisione di anticiparne la prima. La prima rappresentazione, molto attesa, fu il 5 aprile 1874. Numerose furono le critiche a libretto, cast e musica ma anche molti plausi da altre voci. Il pubblico decretò incondizionatamente un successo straordinario alla nuova operetta di Strauss, ritmando spesso con l'applauso la travolgente musica e richiedendo numerosi bis.

L'operetta risente in maniera particolare l'influsso francese ma il passaggio sulle rive del Danubio non dimentica il tono borghese ed espressivo della brillantezza, dell'intrigo, della comicità e soprattutto della spensieratezza che contraddistingue il mondo dell'operetta, in questo caso al massimo dell‘inventiva musicale. Inoltre, il classico tema del travestimento, qui indossando una maschera, crea sviluppi drammaturgici quasi surreali e carnevaleschi, i quali supportati da una musica al tempo popolare, walzer, polke e mazurke e galop creano un insieme di rarefatta e travolgente espressione melodica.

Tutto questo nello spettacolo proposto alla Scala è mancato, o almeno non è stato centrato il bersaglio, cosa dovuta in particolare alla regia e al direttore. Lo spettacolo di Cornelius Obonya, con scene e costumi di Heike Scheele, era sostanzialmente elegante anche se ambientato in epoca contemporanea in una località di montagna austriaca frequentata da una clientela abbiente. L'idea in sè funziona, e le scene sono anche molto curate, il primo atto in una splendida villa, il secondo in uno chalet caratteristico, forse tirolese, ove trionfano teste di cervi alle pareti con relative corna, che hanno un chiaro riferimento alla vicenda, il terzo in una prigione piuttosto improbabile ma gradevole. Quello che è mancato a questo spettacolo era la vivacità, la freschezza e la recitazione. Tutto era piuttosto scontato e molto stantio, senza frenesia e troppo realistico, quando invece l'operetta, specie Die Fledermaus, deve trovare fantasia, sogno, illusione. I cantanti, salvo qualche eccezione, erano sovente impacciati in una recitazione poco frizzante e i recitativi erano realizzati in tre lingue, una scelta che ha penalizzato la narrazione. Il risultato è stato poco edificante e ridotto al tedioso, tuttavia senza cadute di gusto particolari. Inoltre, poco felice l'idea di coreografare l'ouverture, la quale andrebbe solamente ascoltata tanto meravigliosa è la musica. I costumi invece erano bellissimi e di grande taglio sartoriale, in primis quelli femminili.

Anche la concertazione di Cornelius Meister non era all'altezza della situazione perché la sua lettura mancava di brio, di coinvolgimento di allegria. Tuttavia non si può non riconoscere che la conduzione era molto cesellata, attenta e controllata, troppo controllata poiché basata sulla compattezza di suono e su una lentezza generale, quando invece ci saremmo aspettati colpi di cannone e fuochi artificiali. Questa concezione ha influito pesantemente anche sulla resa canora, la quale ha dovuto adattarsi al direttore.

Eva Mei era una Rosalinde molto controllata ma ora con registro acuto molto ridimensionato, e scenicamente ingessata. Poco intrigante l'Eisenstein di Peter Sonn, meglio l'Alfred di Giorgio Berrugi più corretto ma poco sensuale, il quale deve nel corso della recita cantare molti, troppi, riferimenti all'opera italiana.

Maria Nazarova era una corretta Adele, più idonea al personaggio teatrale rispetto alla brillantezza vocale richiesta dal ruolo. Elena Maximova, che non intrepreta il consueto ruolo en travesti, ma una principessa russa, è sommariamente gutturale e poco convinta drammaturgicamente. Il migliore era Markus Werba, Dottor Falke (il pipistrello), che oltre a una recitazione gradevole ed elegante sfoggia una vocalità molto apprezzabile per stile e accento. Bravo Michael Kraus, Franke, divertente e stilizzato cantante, corretto Krasimir Spicer, Dr. Bild, e spigliatissima la Ida di Anna Doris Capitelli. Paolo Rossi è poco convincente in quest'ambiente e in parte estraneo al ruolo.

Una menzione particolare merita il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, che ha dimostrato eccezionale bravura in tutta l'opera ma in particolare nella coreografia della polka veloce Unter Donner und Blitz nella festa del II atto. L'orchestra del Teatro alla Scala era in forma smagliante, anche se limitata dalla concertazione, e bravissimo il Coro diretto da Bruno Casoni.

Il pubblico era piuttosto freddo e in parte annoiato, ma negli applausi finali ha riservato un caloroso consenso a tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

8/2/2018

Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano-Teatro alla Scala.